(Luca Liverani di Avvenire) – Una Giornata internazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo. È l’obiettivo del Comitato promotore, nato da una costola dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra, che organizza l’incontro di domani a Taormina, (dalle 15 all’Hotel Villa Diodoro). Il convegno vedrà tra gli interventi della prima sessione – «Azioni della comunità internazionale per rafforzare la protezione delle vittime civili di guerra» – Francesco Vignarca (Rete italiana pace e disarmo), Michele Corcio (Associazione vittime civili di guerra), Jean-Marc Bovin (Humanity & Inclusion), Uriana Papatheu (senatrice italiana), André Vallini (senatore francese), Samuel Cogolati (deputato belga), Raffaele Genah (corrispondente Rai da Gerusalemme). Nella seconda sessione – «Verso una Giornata internazionale delle vittime civili delle guerre» – interverranno Giuseppe Castronovo (presidente Associazione nazionale vittime civili di guerra), l’ex diplomatico Umberto Vattani (presidente del Comitato promotore della Giornata), Mammad Ahmadzada (ambasciatore dell’Azerbaigian) Youssef Balla (ambasciatore del Marocco) Maarten Van Aalderen (Associazione Stampa estera) e Marco Tarquinio (direttore di Avvenire. La giornata sarà conclusa da un’invocazione per la pace di rappresentati delle religione monoteiste.
C’era una volta la guerra dei campi di battaglia, terreno di scontro di eserciti contrapposti. Era l’epoca, durata fino alla Grande guerra, in cui gli scontri – cruenti e brutali – coinvolgevano però quasi esclusivamente chi vestiva la divisa. Poi, dalla seconda Guerra mondiale in avanti, le proporzioni tra vittime civili e vittime militari si sono invertite: bombardamenti nelle città, rappresaglie sulle popolazioni, fino alle tragedie di Hiroshima e Nagasaki. Poi Vietnam, Iraq, Afghanistan, Siria non hanno fatto che moltiplicare lo squilibrio. Gli Stati oggi hanno ripreso la corsa agli armamenti, ma c’è un pezzo del mondo della politica, della diplomazia e della cultura che non si rassegna. E proprio l’Italia si propone come capofila del movimento che vuole istituire una Giornata internazionale delle vittime civili di guerra, a cominciare dall’Unione europea. Umberto Vattani, una lunga e prestigiosa carriera ai più alti vertici della diplomazia italiana, ha sposato questa battaglia di pace.
Il Sipri di Stoccolma ha calcolato che nel 2020 gli stati hanno speso in armi 1.981 miliardi di dollari. Chiedere oggi il rispetto dei civili sembra un obiettivo ambizioso.
Proprio nei momenti più bui servono lampi di speranza. Quest’anno ricorre un anniversario ignorato dai più ma che ritengo importante, gli 80 anni dell’intervento al Congresso nel 1941 del presidente statunitense Franklin Roosevelt. Il “discorso delle quattro libertà”: di religione, di parola, dal bisogno e dalla paura. Senza una riduzione degli armamenti oggi qualsiasi paese può temere di essere aggredito dal suo vicino. Quattro principi poi entrati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, formulati già in piena Guerra mondiale.
Il tributo pesantissimo di vittime civili comincia proprio allora.
Sì, la Seconda guerra mondiale è stato il punto di svolta, decretando per la prima volta nella storia il passaggio al pieno coinvolgimento dei civili nelle battaglie. Prima si combatteva al fronte. Dal 1939 in poi i campi di battaglia sono diventate le città. Dopo il 1945 si è provato a porre delle regole, a ridurre gli armamenti. Ma non è ancora stata riconosciuta sufficientemente l’importanza della protezione dei civili innocenti, sempre più spesso coinvolti dall’uso di bombe devastanti. Per non parlare delle morti causate ancora dopo la cessazione delle ostilità, per molti anni, dalle bombe a grappolo e dalle mine antipersona.
Contro questi ordigni, che spesso hanno fatto strage di donne e bambini, la società è riuscita a ottenere dalle istituzioni un bando totale.
È così. E oggi ricorrono anche i 20 anni dalla risoluzione del Parlamento europeo per la messa al bando della bombe a frammentazione. Un altro passo che ha aperto la strada all’approvazione – all’unanimità il 25 gennaio 2017 da parte del Parlamento italiano – dell’istituzione di una Giornata nazionale per le vittime civili di guerra. Un traguardo raggiunto grazie al grande impegno dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra e in particolare del suo presidente Giuseppe Castronovo.
Anche lui è una vittima civile di guerra?
Castronovo da bambino, a 9 anni, perse la vista per la deflagrazione di un ordigno bellico inesploso con cui stava giocando. Gli stessi rischi che corrono ogni giorno tanti civili, così come il personale delle Ong umanitarie e delle Nazioni Unite che opera nei teatri postbellici
Ora qual è l’obiettivo dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra?
Far fare un salto di qualità al dibattito a livello internazionale. Per questo c’è bisogno di una risoluzione del Parlamento europeo per una Giornata internazionale, prima degli stati membri dell’Ue, ma domani di tutto il mondo. I civili nelle guerre attuali non sono solo vittime dei “danni collaterali” di armi e azioni teoricamente “chirurgiche”, spesso sono strumenti di ricatto e pressione. La guerra in Siria ne è l’ultimo tragico esempio. La nostra iniziativa ha registrato interesse e disponibilità al ministero degli Esteri, dalla viceministra Marina Sereni al sottosegretario Benedetto Della Vedova, dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Vincenzo Amendola, che ha la delega agli Affari europei, al presidente della commissione Esteri della Camera Piero Fassino che ci ha promesso ne parlerà col presidente Davide Sassoli. Anche della presidenza del Senato. Molto importante sarà il ruolo del ministro degli Esteri Luigi Di Maio che da novembre presiederà il Consiglio d’Europa. Siamo fiduciosi.