da La Stampa (Jacopo Scaramuzzi) – Mentre una Commissione di studio sul diaconato femminile gli presenterà prossimamente le proprie conclusioni , Papa Francesco ha approvato lo scorso 8 giugno una I struzione della Congregazione vaticana per i religiosi, Ecclesiae Sponsae Imago , che registra «una vera e propria rifioritura» delle vergini consacrate – «oltre cinquemila» in tutti i continenti e «in continua crescita» – per indirizzare e promuovere questo «ordine» di donne che scelgono questa peculiare forma di consacrazione alternativa alla vita comunitaria in convento.
«Come indicano alcuni passi del Nuovo Testamento e gli scritti dei primi secoli cristiani, questa forma di vita evangelica è comparsa in modo spontaneo nelle diverse regioni in cui si sviluppavano le comunità ecclesiali, collocandosi tra le altre forme di vita ascetica che, nel contesto della società pagana, costituivano un segno evidente della novità del cristianesimo e della sua capacità di rispondere alle più profonde domande circa il senso dell’esistenza umana», si legge nell’introduzione del nuovo documento della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. «Con un processo analogo a quello che interessò la vedovanza di donne che sceglievano la continenza “in onore della carne del Signore”, la verginità consacrata femminile assunse progressivamente le caratteristiche di uno stato di vita riconosciuto pubblicamente dalla Chiesa», prosegue il documento che, in una nota a piè di pagina, ricorda che «nelle Costituzioni Apostoliche della seconda metà del IV secolo le vergini compaiono, accanto alle vedove e alle diaconesse, come una componente istituzionale della comunità cristiana».
Le vergini consacrate «sono presenti in tutti i continenti, in numerosissime diocesi, e offrono la propria testimonianza di vita in ogni ambito della società e della Chiesa», scrive in una presentazione il prefetto del Dicastero vaticano, il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz. «Nel 2016, durante l’Anno della Vita Consacrata una statistica approssimata per difetto stimava la presenza di oltre cinquemila vergini consacrate nel mondo, in continua crescita». L’istruzione sull’Ordo virginum – «il primo documento della Sede Apostolica che approfondisce la fisionomia e la disciplina di questa forma di vita» – intende perciò «rispondere alle richieste che numerosi Vescovi e vergini consacrate in questi anni hanno presentato alla Congregazione per la vita consacrata circa la vocazione e la testimonianza dell’Ordo virginum, la sua presenza nella Chiesa e universale, e – in particolare – sulla formazione e il discernimento vocazionale».Ecclesiae Sponsae Imago vuole aiutare a scoprire la bellezza di questa vocazione, e contribuire a mostrare la bellezza del Signore che trasfigura la vita di tante donne che quotidianamente ne fanno esperienza».
In un excursus storico, il segretario della congregazione vaticana responsabile della vita religiosa, l’arcivescovo spagnolo José Rodriguez Carballo, sottolinea che all’inizio «insieme con le altre forme di vita ascetica, la scelta della verginità fiorì spontaneamente in tutte le regioni nelle quali il cristianesimo si diffondeva, assumendo le caratteristiche di uno stato di vita pubblicamente riconosciuto nella Chiesa come Ordo virginum, con espressione analoga a quelle usate per indicare gli altri Ordines (Ordo episcoporum, Ordo presbyterorum, Ordo diaconorum, Ordo viduarum)». Fin dal IV secolo, «le vergini consacrate restavano nel proprio ambiente familiare e sociale, e partecipavano attivamente alla vita della comunità cristiana radunata attorno al vescovo».
Poi, «durante il Medioevo, con l’affermarsi del monachesimo e per complesse ragioni storiche e culturali, le vergini consacrate si riunirono progressivamente nei monasteri e nella legislazione canonica lo stato di vita consacrata femminile venne a identificarsi con la vita contemplativa claustrale», al punto che generalmente «l’appartenenza alla comunità monastica faceva venir meno il radicamento nella comunità cristiana, caratteristico dell’età primitiva e patristica, con il suo diretto riferimento all’autorità episcopale». E «salvo rarissime eccezioni, questa situazione perdurò fino al Concilio Vaticano II. L’impulso di rinnovamento ecclesiale che precedette il Concilio – prosegue Carballo – suscitò un nuovo interesse anche nei confronti del rito della consecratio virginum e pose i presupposti per la sua revisione», poi disposta dalla Sacrosanctum Concilium. Papa Paolo VI, infine, stabilì il ripristino dell’antico Ordo virginum promulgando il 31 maggio 1970 il nuovo Ordo Consecrationis Virginum, «nel quale veniva prevista la possibilità di consacrare anche donne che restano nel proprio ordinario contesto di vita, secondo le modalità dell’antico Ordo virginum», innovazione poi recepita dal canone 604 del Codice di Diritto canonico.
Da quando si è riproposta nella Chiesa questa forma di vita consacrata, «si è assistito ad una vera e propria rifioritura dell’Ordo virginum», si legge nell’istruzione, «la cui vitalità si manifesta nella pluriforme ricchezza di carismi personali messi a servizio dell’edificazione della Chiesa e del rinnovamento della società secondo lo spirito del Vangelo. Il fenomeno appare di grande rilevanza, non soltanto per il numero delle donne coinvolte, ma anche per la sua diffusione in tutti i continenti, in moltissimi Paesi e Diocesi, in aree geografiche e contesti culturali tanto diversificati».
L’istruzione si sviluppa in tre parti: dopo aver illustrato «la vocazione e la testimonianza» dell’Ordo virginum, approfondisce il loro «radicamento diocesano» e, infine, si sofferma sul discernimento vocazionale e la formazione permanente per le vergini consacrate. Tra i temi affrontati, la necessità di verificare la «maturità umana» delle candidate, che presuppone, spiega l’istruzione, «una realistica conoscenza di se stessa e una serena, obiettiva consapevolezza dei propri talenti e dei propri limiti, unite a una chiara capacità di autodeterminazione e ad una adeguata sufficiente attitudine all’assunzione di responsabilità»; «la capacità di instaurare relazioni sane, serene e oblative, con uomini e donne, unita ad una retta comprensione del valore del matrimonio e della maternità»; «la capacità di integrare la sessualità nell’identità personale e di orientare le energie affettive in modo da esprimere la propria femminilità in una vita casta che si apra ad una più ampia fecondità spirituale»; «la capacità lavorativa e professionale con cui provvedere al proprio sostentamento in modo dignitoso»; «una provata attitudine a rielaborare sofferenze e frustrazioni, come anche a dare e ricevere il perdono, come passi possibili verso una pienezza di umanità»; «la fedeltà alla parola data e agli impegni presi»; «un uso responsabile dei beni, dei mezzi di comunicazione sociale e del tempo libero».
Ora l’Istruzione vaticana «ha fatto tesoro dell’esperienza di questi decenni» e rappresenta un «documento di indirizzo e promozione», spiega Carballo, per queste donne che «mantenendo uno sguardo contemplativo sulla realtà, sono partecipi delle gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce degli uomini del proprio tempo, specialmente dei più poveri, e contribuiscono al rinnovamento della cultura secondo lo spirito del Vangelo». Nella «ricomparsa» dell’Ordo virginum, il vescovo Carballo scorge «un dato significativo, non soltanto per la comprensione e la valorizzazione della presenza delle donne nel popolo di Dio, ma anche e più radicalmente in ordine all’approfondimento della coscienza che la Chiesa ha di se stessa come Sposa di Cristo, popolo di Dio che nella storia cammina verso il compimento escatologico». Il cardinale Braz de Aviz, da parte sua, sottolinea l’auspicio di «organizzare e veder convenire a Roma le vergini consacrate di tutto il mondo per un nuovo incontro internazionale nel 2020, per celebrare con Pietro il 50esimo anniversario del rito».