(Veronica Giacometti di Acistampa) – Il Tempio di San Francesco al Terminillo è uno scrigno di arte e di fede. A 1623 metri di altitudine una chiesetta davvero particolare, affidata alla Fraternita’ monastica della Trasfigurazione, accoglie una reliquia del poverello di Assisi, la prima pietra dalla tomba di San Francesco e opere di giovani artisti divenuti famosi. A raccontare ad ACI stampa la storia e la curiosità di questo “tempio ad alta quota” è il superiore e il custode del Tempio Padre Mariano Pappalardo.
“Templum Pacis Sancto Francisco Italiae Patrono dicatum”, così è scritto all’ingresso di questo tempio francescano davvero particolare in alta quota. Qual è la sua storia?
Nel 1939 Papa Pio XII proclamava S. Francesco Patrono d’Italia. A ricordo di quell’evento, i frati minori conventuali della provincia Umbra, decisero di erigere al centro d’Italia, sul Terminillo, un Tempio dedicato proprio a San Francesco nel suo nuovo titolo di celeste patrono della nostra patria. A causa degli eventi bellici, il progetto fu rinviato, ma ripreso subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Nel 1949 con la posa della prima pietra cominciava un’opera grandiosa e impegnativa: l’edificazione di una chiesa imponente a 1623 metri di altitudine. Ci vollero molti anni di lavoro e non poche peripezie dovette attraversare padre Riziero Lanfaloni, che giovane sacerdote era stato mandato a Terminillo per farsi carico del progetto ambizioso messo in cantiere dai frati. Nel 1964 finalmente la Chiesa poté essere solennemente consacrata e inaugurata. Forse, inaspettatamente la chiesa divenne uno scrigno d’arte, in cui si trovarono a lavorare molti giovani artisti. Di molti di essi, divenuti famosi, si conservano opere prime. Una menzione particolare merita il grande mosaico absidale (350 mq di parete musiva) realizzato da Domenico Colledani, su bozzetto di Luigi Frappi. Rappresenta la creazione come una nebulosa in espansione: mirabile connubio tra scienza e fede, rapporto molto discusso negli anni (1975) in cui venne realizzato. Nel 1997 i francescani hanno passato il testimone alla nostra Fraternità Monastica che vive secondo la regola di S. Benedetto da Norcia, facendo anche tesoro dell’esperienza evangelica che S. Francesco per molti anni ha vissuto proprio nella Valle Santa Reatina all’ombra del massiccio del Terminillo. Il tempio Terminillese vanta non pochi primati: il mosaico a soggetto unico più grande d’Europa, realizzato con materiali e tecniche innovative; è il santuario francescano (e ora anche il cenobio benedettino) più alto d’Europa; cosa alquanto rara, custodisce una reliquia del corpo di S. Francesco e la prima pietra proviene dalla tomba del Santo in Assisi.
Voi “Fraternità monastica della Trasfigurazione” di cosa vi occupate? Come trascorrete le vostre giornate?
Siamo una comunità di monaci, cioè di uomini che “cercano Dio” sforzandoci di stare alla sua presenza per lodarlo con tutte e per tutte le sue creature; per tendere l’orecchio alla sua Parola che risuona in tutto e in tutti e quindi costantemente in religioso ascolto di ogni creatura; per metterci in sintonia con il nostro cuore ove abita la pienezza della divinità, e pacificarlo, per essere germe di armonia e di pace, di amore e di compassione in mezzo agli uomini. Viviamo in fraternità, credendo che vivere da fratelli è possibile ed gioioso, arricchendoci gli uni dei carismi degli altri, portando gli uni i pesi degli altri, sostenendoci e perdonandoci scambievolmente. Tendiamo, giorno dopo giorno, a raggiungere la vera Bellezza. Ci occupiamo, o meglio ci pre- occupiamo (cioè ci occupiamo anzitutto) dell’uomo e di tutto ciò che è umano. Ci prendiamo a cuore ogni persona che incontriamo accogliendolo senza giudicare, ascoltandolo senza pregiudizi, cercando di entrare in relazione empatica, desiderosi di imparare da ognuno e offrendo a tutti la nostra esperienza come possibile senso del vivere. Accogliamo chiunque bussa alla nostra porta. Offriamo il nostro servizio la dove ci viene richiesto e a chiunque ce lo chieda. Ci occupiamo dell’animazione spirituale della parrocchia (tipicamente turistica) di Terminillo annessa al Tempio Votivo e svolgiamo il ministero presbiterale servendo la chiesa locale attraverso i vari incarichi che il vescovo diocesano di volta in volta ci affida. Siamo impegnati nell’insegnamento della teologia, nella predicazione e nella catechesi. La nostra giornata si apre (all’alba) e si chiude (al tramonto) con la preghiera. Durante il giorno alterniamo la preghiera (nelle ore che la tradizione ha fissato h. 9; 12; 15 e la preghiera di compieta prima del riposo notturno) con il lavor sia svolgendo le varie incombenze domestiche necessarie in ogni famiglia, si dedicandoci allo studio e al servizio pastorale. Il tempo migliore e più prolungato viene dedicato al confronto orante con la Parola di Dio, nelle prime ore della giornata e nelle prime ore della notte, ciascuno nell’intimità della propria camera che i monaci chiamano “cella”.
Oggi più che mai c’è bisogno di pace e questo posto sembra proprio richiamare il silenzio che tanto amava San Francesco…
Il silenzio è un gran bene, è un dono prezioso. Le cose più belle nel grembo del silenzio vivono la propria gestazione, e poi è solo sorpresa. Luoghi come questo colpiscono e forse impressionano per il silenzio che avvolge ogni cosa. Ma a ben vedere quando lasciamo spazio al silenzio ci rendiamo conto che il silenzio non esiste, è solo l’alveo fecondo nel quale possiamo ascoltare il sussurro del mondo che il più delle volte soffochiamo con il nostro rumore. Nel silenzio possiamo udire il flebile canto degli uccelli più piccoli, la melodia delle foglie al vento, il sussurrare dei fiori al sole, il fremere delle ali degli insetti, il gorgogliare di un filo d’acqua tra le pietre. Il Silenzio è offerta di parola per tutti coloro a cui in genere non diamo diritto di parola. Nel silenzio possiamo ascoltare il racconto della vita, la poesia del creato, i lamenti dei più deboli. Quando il cuore si pone in ascolto di questa sinfonia carsica, sommersa, allora il cuore trova pace perché si scopre in sintonia con ogni vivente. E scopre che tutto parla di sé, dei propri aneliti, delle speranze, del desiderio di pienezza di vita, ma di una vita cortese, gentile, lieve come una brezza, soffice come una nuvola, non spavalda, non violenta, non invadente. Da luoghi come questi abbiamo molto da apprendere, ma dobbiamo saperli custodire, non stravolgerli, non violentarli, non aggredirli. Se li custodiremo, essi custodiranno noi.
Chi può raggiungere il Tempio di San Francesco al Terminillo? Durante questo tempo di pandemia qual è il vostro rapporto con i fedeli?
Il tempo difficile che stiamo vivendo, con le restrizioni che comporta, ci ha fatto scoprire che a pochi chilometri da casa ci sono riserve di bellezza e di pace che avevamo dimenticato. Quando è stato possibile, molti si sono riversati sul Terminillo che si trova alla confluenza di quattro regioni Lazio, Abruzzo, Umbria, Marche e a poco tempo dai grandi centri urbani. Il Terminillo è come una grande madre, accoglie tutti. Decine e decine di ettari di vetuste faggete, sentieri nei boschi, vette non particolarmente impegnative, paesaggi mozza fiato si offrono con disponibilità a chiunque. Alcuni però accostano la montagna con un atteggiamento predatorio che non permette di gustare appieno il segreto più genuino che la montagna custodisce. Come sempre cerchiamo di fare, anche in questo periodo, abbiamo offerto a chiunque lo desiderasse il nostro ministero dell’ascolto e della consolazione, cercando di infondere speranza, lenendo le ferite, sostenendo le fatiche. E’ stato un servizio particolarmente difficile sia per le situazioni spesso complesse ascoltate dai fedeli, sia perché è stato necessario attenersi a tutte le norme di prudenza che sconsigliavano un rapporto “ravvicinato”. E’ mancato molto il rapporto “fisico”, ma abbiamo pian piano trovato gesti alternativi di vicinanza. Per noi l’importante era che nessuno tornasse a casa senza una “carezza” nel cuore.
Ci sono progetti futuri o iniziative per i prossimi tempi?
Per il futuro ci aspettiamo e speriamo che dopo questa pandemia si possano trovare modalità nuove di stare al mondo, stili di vita più “umani”, ritmi più lenti e rispettosi. Imparare a respirare il respiro del creato, saper apprezzare l’essenziale sapendo custodire tutto ciò che custodisce la vita. Instaurando relazioni empatiche lasciando cadere ogni forma di sterile competizione, dando tempo a ciò che conta senza lasciarsi rubare la vita a ciò che è effimero che sembra promettere molto ma lascia solo vuoto e delusione. Per quanto ci riguarda vorremmo poter riprendere ad offrire a coloro che frequentano la nostra montagna e vengono in contatto con la nostra fraternità monastica, la molteplicità di iniziative spirituali, artistiche, naturalistiche, culturali e religiose che da anni cerchiamo di proporre, sia nell’ambito delle attività parrocchiali, che in quello della comunità monastica. Nel tempo, attorno al tempio di S. Francesco si è costituita una grande famiglia di uomini e di donne assetati, in ricerca, desiderosi di bellezza, di verità, di bene, di relazioni autentiche, di germi di speranza, di motivi per credere ad un mondo migliore e la forza necessaria e l’ entusiasmo per poterlo edificare insieme. Ci auguriamo di non deludere nessuno.