di Giacomo Galeazzi (La Stampa)
Città del Vaticano – Il mandato di Francesco al Segretario di Stato è già un programma di governo: pacificare la Curia dopo Vatileaks e riportare la Santa Sede al centro dello scacchiere geopolitico.
Con la nomina oggi del nunzio Pietro Parolin (nella foto), 58 anni, si chiude la burrascosa «era Bertone» e al vertice del Vaticano torna un esponente di quella «scuola diplomatica» di piazza della Minerva che Oltretevere ha visto succedersi nella «stanza dei bottoni» Casaroli, Silvestrini, Sodano Tauran. Un segnale di discontinuità rispetto alla gestione di Bertone (che a Parolin aveva preferito Ballestrero come braccio destro) ma anche una «ricucitura» tra filoni ecclesiastici.
Il nuovo primo ministro ha prestato servizio nelle varie «stagioni» degli ultimi tre pontificati e conosce bene sia i Sacri Palazzi sia gli episcopati nazionali, soprattutto sudamericani e asiatici. Il passaggio delle consegne avverrà a metà ottobre, quando Bertone avrà ultimato il pellegrinaggio internazionale a Fatima e al consiglio degli otto porporati-riformatori Bergoglio avrà presentato il suo primo ministro. Dunque sarà l’ex ambasciatore in Venezuela a dover attuare le indicazioni di un Pontefice rivoluzionario che sta cambiando volto alla Chiesa. Francesco chiude l’epoca infausta delle guerre interne affidando la Santa Sede a un prelato italiano dal carattere mite ma deciso, in grado di mediare tra le diverse correnti.
Bertone rimarrà presidente della commissione sullo Ior ma solo fino al completamento del report del Consiglio d’Europa sulle procedure antiriciclaggio. Resta al governatorato l’altro candidato Bertello, secondo cui «bisogna mettere la Curia al servizio delle conferenze episcopali e condividere i beni delle Chiese locali e universali». In attesa della bozza del «nuovo Vaticano», la designazione del premier archivia un periodo di attesa e nervosismo nel Sacro Collegio. Maradiaga aveva sollecitato questa soluzione, mentre Dolan si era rammaricato per i tempi lunghi. In Vaticano sono saltate le prassi che conducevano alle nomine e in molti stentano a fare i conti con le modalità decisionali di Bergoglio.
C’era persino chi sosteneva che del segretario di Stato Francesco avrebbe potuto fare a meno, come prima di lui Pio XII. Il 12 e 13 ottobre Bertone sarà a Fatima, inviato dal Papa e i vescovi del Portogallo la definiscono «un’espressione particolare di comunione». Poi a metà ottobre, ormai in vista dei 79 anni che compirà il 2 dicembre,il cardinale salesiano lascerà il suo posto a Parolin. I dicasteri economici sono ancora in mano a bertoniani «doc» come Calcagno e Versaldi, ma «l’atmosfera è cambiata», osserva un capodicastero. Parolin ha il profilo ideale per rasserenare la Curia indocile che ha frenato la «purificazione» di Ratzinger. Dal predecessore, Francesco riceve i «consigli più utili». Diplomazia e pastorale tornano a conciliarsi in un governo «di aiuto e non d’ostacolo alla fede», secondo la lezione ratzingeriana. La Santa Sede farà sentire la voce del Papa. Non più il fragore delle faide interne. Il «passaggio delle consegne» avverrà a metà ottobre.