L’etimo del nome significa “agricoltore” dal greco Gheorgòs – è avvolta nel mistero, al di là delle poche notizie storiche su di lui che lo vogliono nato in Cappadocia figlio di Geronzio persiano, e Policrònia cappadoce, che lo educarono cristianamente. Da adulto sarebbe stato tribuno dell’armata dell’imperatore di Persia Daciano, ma per alcune recensioni si tratterebbe dell’armata di Diocleziano (243-313) imperatore dei romani, il quale con l’editto del 303, prese a perseguitare i cristiani in tutto l’impero. Il tribuno Giorgio di Cappadocia distribuì i suoi beni ai poveri e dopo essere stato arrestato per aver strappato l’editto, confessò davanti al tribunale dei persecutori la sua fede in Cristo. Per questo gli fu chiesto di abiurare e, al suo rifiuto, come da prassi in quei tempi, fu sottoposto a tremendi supplizi e poi chiuso in carcere. Qui ebbe la visione del Signore. Fu decapitato a Lydda (antica colonia greca sulle cui macerie sorge l’attuale città di Lod in Israele) dall’imperatore Diocleziano intorno al 303 d.C. Il culto per il martire iniziò quasi subito, come dimostrano i resti archeologici della basilica eretta qualche anno dopo la sua morte, sulla sua tomba nel luogo del martirio.
La leggenda del drago comparve molti secoli dopo, nel Medioevo, quando il trovatore Wace (1170 ca.) e, soprattutto, Jacopo da Varagine († 1293) nella sua “Leggenda Aurea”, fissano la sua figura come cavaliere eroico, che tanto influenzerà l’ispirazione figurativa degli artisti successivi e la fantasia popolare. La leggenda narra che nella città di Silene in Libia, vi fosse un grande stagno, tale da nascondere un drago che si avvicinava alla città e uccideva col fiato infuocato quante persone incontrava. I poveri abitanti, per placarlo, gli offrivano due pecore al giorno e quando queste cominciarono a scarseggiare, iniziarono a offrire una pecora e un giovane tirato a sorte. Finché toccò alla figlia del re, il quale, terrorizzato, offrì il suo patrimonio e metà del regno, ma il popolo si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli. Dopo otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la giovane fanciulla piangente si avviò verso il grande stagno. Passava proprio in quel frangente il giovane cavaliere Giorgio, il quale saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessina promettendole il suo intervento per salvarla e quando il drago uscì dalle acque, sprizzando fuoco e fumo pestifero dalle narici, non si spaventò, salì a cavallo e, affrontandolo, lo trafisse con la sua lancia, ferendolo e facendolo stramazzare a terra. Poi disse alla fanciulla di non avere paura e di avvolgere la sua cintura al collo del drago; una volta fatto ciò, il drago prese a seguirla docilmente come un cagnolino verso la città. Gli abitanti erano atterriti nel vedere l’orrenda creatura avvicinarsi, ma Giorgio li rassicurò dicendo: ”Non abbiate timore, Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: abbracciate la fede in Cristo, ricevete il battesimo e ucciderò il mostro”. Allora il re e la popolazione si convertirono e il prode cavaliere uccise il drago facendolo portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi.
Questa leggenda è sorta al tempo delle Crociate, influenzata da un’errata interpretazione di un’immagine dell’imperatore cristiano Costantino trovata a Costantinopoli nella quale schiacciava col piede un drago, simbolo del “nemico del genere umano”. La fantasia popolare e i miti greci di Perseo che uccide il mostro liberando la bella Andromeda, elevarono l’eroico martire della Cappadocia a simbolo di Cristo, che sconfigge il male inteso come demonio e rappresentato dal drago. La grande diffusione del culto di San Giorgio, originariamente venerato in Oriente, si ebbe inizialmente in Europa in conseguenza delle Crociate in Terrasanta, e più precisamente ai tempi della battaglia di Antiochia. Accadde che, nell’anno 1098, durante una delle battaglie più furiose, i cavalieri crociati e i condottieri inglesi furono soccorsi dai genovesi i quali ribaltarono l’esito dello scontro e consentirono la presa della città, ritenuta inespugnabile. Secondo la leggenda il martire si sarebbe mostrato ai combattenti cristiani in una miracolosa apparizione, accompagnato da splendide e sfolgoranti creature celesti con numerose bandiere in cui campeggiavano croci rosse in campo bianco.
La festa liturgica intitolata a San Giorgio si celebra il 23 aprile anche nei riti siro e bizantino. È onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa. I Templari favorirono l’iconografia di San Giorgio in un santo guerriero, volendo simboleggiare l’uccisione del drago come la sconfitta dell’Islam. Inoltre San Giorgio è il Patrono della Cavalleria e, quindi, anche dei Templari. Vari Ordini cavallereschi portano oggi il suo nome e i suoi simboli.
La leggenda del drago comparve molti secoli dopo, nel Medioevo, quando il trovatore Wace (1170 ca.) e, soprattutto, Jacopo da Varagine († 1293) nella sua “Leggenda Aurea”, fissano la sua figura come cavaliere eroico, che tanto influenzerà l’ispirazione figurativa degli artisti successivi e la fantasia popolare. La leggenda narra che nella città di Silene in Libia, vi fosse un grande stagno, tale da nascondere un drago che si avvicinava alla città e uccideva col fiato infuocato quante persone incontrava. I poveri abitanti, per placarlo, gli offrivano due pecore al giorno e quando queste cominciarono a scarseggiare, iniziarono a offrire una pecora e un giovane tirato a sorte. Finché toccò alla figlia del re, il quale, terrorizzato, offrì il suo patrimonio e metà del regno, ma il popolo si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli. Dopo otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la giovane fanciulla piangente si avviò verso il grande stagno. Passava proprio in quel frangente il giovane cavaliere Giorgio, il quale saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessina promettendole il suo intervento per salvarla e quando il drago uscì dalle acque, sprizzando fuoco e fumo pestifero dalle narici, non si spaventò, salì a cavallo e, affrontandolo, lo trafisse con la sua lancia, ferendolo e facendolo stramazzare a terra. Poi disse alla fanciulla di non avere paura e di avvolgere la sua cintura al collo del drago; una volta fatto ciò, il drago prese a seguirla docilmente come un cagnolino verso la città. Gli abitanti erano atterriti nel vedere l’orrenda creatura avvicinarsi, ma Giorgio li rassicurò dicendo: ”Non abbiate timore, Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: abbracciate la fede in Cristo, ricevete il battesimo e ucciderò il mostro”. Allora il re e la popolazione si convertirono e il prode cavaliere uccise il drago facendolo portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi.
Questa leggenda è sorta al tempo delle Crociate, influenzata da un’errata interpretazione di un’immagine dell’imperatore cristiano Costantino trovata a Costantinopoli nella quale schiacciava col piede un drago, simbolo del “nemico del genere umano”. La fantasia popolare e i miti greci di Perseo che uccide il mostro liberando la bella Andromeda, elevarono l’eroico martire della Cappadocia a simbolo di Cristo, che sconfigge il male inteso come demonio e rappresentato dal drago. La grande diffusione del culto di San Giorgio, originariamente venerato in Oriente, si ebbe inizialmente in Europa in conseguenza delle Crociate in Terrasanta, e più precisamente ai tempi della battaglia di Antiochia. Accadde che, nell’anno 1098, durante una delle battaglie più furiose, i cavalieri crociati e i condottieri inglesi furono soccorsi dai genovesi i quali ribaltarono l’esito dello scontro e consentirono la presa della città, ritenuta inespugnabile. Secondo la leggenda il martire si sarebbe mostrato ai combattenti cristiani in una miracolosa apparizione, accompagnato da splendide e sfolgoranti creature celesti con numerose bandiere in cui campeggiavano croci rosse in campo bianco.
La festa liturgica intitolata a San Giorgio si celebra il 23 aprile anche nei riti siro e bizantino. È onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa. I Templari favorirono l’iconografia di San Giorgio in un santo guerriero, volendo simboleggiare l’uccisione del drago come la sconfitta dell’Islam. Inoltre San Giorgio è il Patrono della Cavalleria e, quindi, anche dei Templari. Vari Ordini cavallereschi portano oggi il suo nome e i suoi simboli.