(Cristina Barchetti di La Voce di Bolzano) – “A grandi passi siamo giunti alle porte del post umanesimo, un passo ancora e ne saremo completamente assorbiti. Opportuno è quindi capire le tracce, l’itinerario e gli effetti di tale trasformazione. Un avanzamento dell’umano progressismo oppure una pericolosa deumanizzazione dalla quale non ci sarà più ritorno?
Il post umanesimo è un approccio nuovo alla futurologia, dove l’essere umano, l’homo sapiens sapiens non è più il prodotto finale della nostra evoluzione ma solo l’inizio di un binomio perfetto tra ragione e tecnologia. Questa controversa corrente di pensiero fa riferimento a diversi ambiti del sapere, come la filosofia, l’informatica, la scienza e soprattutto la biotecnologia, in grado di trasformare l’essere umano fisicamente e mentalmente in qualcosa di nuovo, capace di avere nuove possibilità evolutive con l’aspettativa di migliorare le proprie condizioni di vita grazie al progresso tecnologico. Una fusione a livello biologico dell’essere umano con la tecnologia. Essa non sarà più uno strumento esterno all’uomo ma parte integrante dello stesso. La tecnologia “entrerebbe” nel corpo umano andando a modificare la percezione di tutti i fenomeni della vita, delle attività sensoriali e di tutto ciò che lo circonda, per sfociare poi nella corrente del transumanesimo.
Nasce così una nuova forma di essere umano, un ibrido, un cyborg, dove la visione umanistica della specie e cioè dell’uomo al centro dell’universo viene modificata, potenziata, influenzata o, nella peggiore delle ipotesi, pilotata dalla tecnologia.
Da qui nasce il dibattito etico tra chi sostiene che questo cambiamento andrà senza dubbio ad evolvere l’essere umano, migliorandone le condizioni di vita, eliminandone le debolezze (come le malattie) e chi invece asserisce che questa evoluzione sia sbagliata, probabilmente ingestibile, eticamente e tecnicamente pericolosa. Il postumanesimo ha un testo programmatico, tratto da un libro di Robert Pepperell, The Posthuman Condition: Consciousness Beyond the Brain dove le macchine non saranno più macchine, ma “macchine complesse”.
Come i computer si trasformano per assomigliare sempre più agli uomini, così gli uomini si apprestano ad assomigliare sempre più ai computer. Il punto 15 di tale manifesto sostiene che se possiamo pensare a macchine, allora le macchine possono pensare; se possiamo pensare a macchine che pensano allora le macchine possono pensare a noi. Affascinante o terribile?
Il transumanesimo porta alla creazione di una nuova specie successiva all’homo sapiens, molto più evoluta, dove i limiti verranno superati.
Un essere umano “incrementato” fino al punto di non essere più solo un essere umano. Dove porterà tutto questo? Questi esseri transumani potrebbero anche decidere di sbarazzarsi del proprio corpo e vivere all’interno di supercomputer. In parte questo lo stiamo già vivendo; la società ha già subito una propedeutica trasformazione. Siamo dipendenti costantemente da apparecchi; i rapporti sociali si sono già evoluti (o in un’ottica opposta involuti) diventando relazioni virtuali. Grazie anche ai vari lockdown ci siamo integrati perfettamente nel circuito programmato; spesa on-line, e-commerce, e-book, e-game, e-school. Un turbo esponenziale verso tutta la digitalizzazione, dal 5G alla smart society, dalle messe religiose su zoom ai rapporti sessuali virtuali.
Dov’è finito l’uomo pensante? Non ci accorgiamo più che rapidamente qualcuno pensa per noi e a poco a poco stiamo perdendo le nostre facoltà cognitive e sensoriali, fondendoci con le macchine, felicemente orgogliosi e purtroppo inconsapevolmente schiavizzati, Amando sempre più le nostre catene. Siamo trascinati, involontariamente persuasi, che tutto ciò sarà per noi positivo, fantastico: un eterno miraggio di immortalità e superpotenza, che accompagna l’essere umano dall’alba dei tempi. Oggi vediamo “l’Europa” gentilmente concederci il 48,7% del Recovery Plan per la digitalizzazione, il 74,3 % per l’mbiente, il 19,20% per l’istruzione, mentre solo il 9% viene attribuito alla salute. Questo dovrebbe farci riflettere, almeno finché, da esseri “ancora” umani ne avremo facoltà“.