(Andrea Gagliarducci di Korazym) – Di cosa abbiano parlato il presidente USA Joe Biden e Papa Francesco nell’insolitamente lunga (75 minuti) conversazione privata del 29 ottobre? Non lo possiamo sapere, perché quei colloqui sono restano riservati, sono privati e tali devono essere. E così, abbiamo di quel colloquio solo due dichiarazioni dello stesso presidente, prese al volo dai giornalisti a margine di un incontro a Palazzo Chigi successivo alla visita in Vaticano. E Biden ha detto che no, lui e il Papa non hanno parlato della questione dell’aborto. E che sì, il Papa gli avrebbe detto di essere un buon cattolico e di poter fare la comunione.
Per comprendere il senso delle parole, si deve fare un passo indietro. Da anni, negli Stati Uniti, è in corso un dibattito: i politici cattolici che si professano pro aborto possono fare la comunione? No, ha risposto una nota della Congregazione della Dottrina della Fede, perché questi sono in una situazione di grave peccato pubblico, e dunque la comunione dovrebbe essere loro negata. Ne è seguito un dibattito asperrimo, tra chi ritiene che una posizione politica non cambi la sostanza di un cattolico e chi invece sottolinea che quella posizione politica dimostra appunto di non credere in una delle credenze fondamentali del cristianesimo, e cioè che ogni essere umano è uguale in dignità.
Il tema si è fortemente riproposto con la candidatura di Joe Biden alla Casa Bianca, cattolico, democratico e pro aborto, al punto che recentemente ha definito l’aborto un diritto umano. Sia chiaro che nessuno ha mai contestato la natura pia e credente di Biden. Ma il catechismo della Chiesa Cattolica è chiaro, non ci sono scorciatoie su quello.
Papa Francesco, d’altro canto, non ha voluto prendere una posizione netta. Ad una domanda sul tema che gli è stata posta nel volo di ritorno da Budapest e la Slovacchia, Papa Francesco ha risposto che la questione della comunione ai politici pro aborto non va risolta politicamente, ma pastoralmente. Né sì, né no, dunque. Valutate secondo circostanze.
Che è, in fondo, esattamente quello che è sempre accaduto. Se un politico, nel privato della sua parrocchia, seguito da un confessore, prende la comunione anche in uno stato di grave peccato pubblico, è una questione profondamene privata che riguarda la sua comunità, il suo confessore e il modo in cui questa cosa viene gestita dal parroco. Ma se invece prende la comunione in pubblico, in qualche modo andando a testimoniare che la Chiesa accetta alcune situazioni e dunque avendo la possibilità di usare la Comunione come un grimaldello politico su alcuni temi, allora è un problema.
Ed è esattamente quello che ha fatto Biden. Da una parte, ci si lamenta dell’uso politico e persino strumentale della religione, e si punta il dito contro i cattolici integralisti che portano le loro credenze in politica. Ma, dall’altra, si fa esattamente la stessa cosa. Si porta una questione di fede nel dibattito politico, trascinando nel dibattito lo stesso Papa Francesco.
Un Papa che non può rispondere, perché la Santa Sede ha sempre tenuto riservatezza sulle questioni private. Per quanto ci riguarda, Biden avrebbe anche potuto confessarsi dal Papa. Ma questo non lo avrebbe autorizzato a dire niente.
Ora, può darsi che nel prossimo viaggio, Papa Francesco risponderà ad una domanda diretta sul tema con parole vaghe, senza sciogliere l’enigma. Per ora, Matteo Bruni si è riferito alla conversazione come “una conversazione privata”, e non potrebbe essere altrimenti. Di fondo, però, il problema vero è l’uso che Biden ha fatto della visita.
Le parole di Biden non meritano una risposta pastorale, meritano una risposta politica. Meriterebbero una nota della Segreteria di Stato, che non tanto smentisca, quanto che si lamenti sostanzialmente del fatto che Biden abbia fatto (veracemente o meno, non è importante) riferimento ad una conversazione che doveva rimanere privata.
Non si tratta di un tema pastorale, quanto di un tema politico. Servirebbe, dunque, una risposta a livello politico e diplomatico, più che vescovi che ribadiscono che Biden non potrebbe prendere la comunione, e preti che comunque gliela danno come è successo alla Messa nella “parrocchia degli americani” di San Patrizio a Roma, non lontano dall’ambasciata USA in Italia, dove Biden è andato il 30 ottobre dopo il G20, sarebbe piuttosto da mettere in discussione l’atteggiamento generale del presidente. Perché il punto non è se Biden abbia o meno agito da cattolico. Su questo, possiamo avere anche i nostri dubbi. Il punto è che quello che ha fatto non è stato davvero istituzionale.
Di fatto, tutto l’incontro è stato poco istituzionale, con Biden che ha scherzato sin dall’inizio, come fa sempre, presentandosi come “il marito di Jill” e poi continuando con un tono quasi confidenziale per tutto il tempo della visita, almeno per quanto si può vedere dalle immagini.
Sappiamo che Papa Francesco apprezzi questo tipo di atteggiamento, che manifesta anche un certo disprezzo della funzione che si ricopre, ma non significa che questo atteggiamento sia protocollarmente giusto. Perché in fondo non erano Joe Biden e Jorge Bergoglio a incontrarsi, ma il presidente della nazione considerata a torto o a ragione la più potente del mondo e il Sommo Pontefice. E questo deve essere chiaro nei gesti, nei modi, nei toni.
Quello che si voleva far trasparire era una sostanziale confidenza tra i due, ma questo difficilmente entra nei temi diplomatici. Infatti, la nota della Sala Stampa della Santa Sede, che riporta sempre dei colloqui bilaterali, e mai della conversazione privata, aveva anche dei temi critici, menzionava persino l’obiezione di coscienza, nonché il tema della dignità umana, che includeva appunto proprio la tanto dibattuta questione dell’aborto.
C’è una nota a margine da fare. Christopher Altieri, in un commento su Catholic World Report, sottolinea come padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, avesse spiegato che Benedetto XVI, dopo un colloquio, spiegava i temi della conversazione, mentre Papa Francesco si dilunga piuttosto sulla personalità dell’interlocutore. Si può desumere, dunque, che mentre Benedetto XVI fosse parte delle discussioni sull’agenda degli incontri, e portasse avanti una agenda condivisa con la Segreteria di Stato, Papa Francesco lasci più spazio alle impressioni personali, meno istituzionali. È uno stile, cui si ovvia con il lavoro istituzionale della Segreteria di Stato.
Viviamo in un mondo in cui tutti vogliono sentirsi uguali, in cui il potere piace solo se sembra essere al livello delle persone. Ma si tratta di illusioni. Né Papa Francesco né Biden, con tutta la loro simpatia, poi possono scappare dalla necessità di prendere decisioni, anche dolorose, e a volte persino in contrasto con quello di cui parlano. Basti pensare al modo in cui Biden ha trattato la questione dei migranti, nonché al ritiro frettoloso dall’Afghanistan. E sono solo due esempi.
Si deve uscire dalla narrativa, per cominciare a comprendere la realtà. Per farlo, serve anche più consapevolezza della dottrina cristiana. In fondo, è per questo che i vescovi USA hanno cominciato un percorso sul “rinnovo eucaristico”, che non riguarda il tema, politico, della distribuzione della comunione ad alcuni gravi peccatori, ma piuttosto ad una rinnovata comprensione del senso dell’Eucarestia. Se si parte da quello, diventa evidente cosa fare.
Alla fine, una cosa resta chiara: nel dire quello che ha detto, Biden ha dimostrato di non rispettare il Papa, non rispettare la gerarchia cattolica e i suoi insegnamenti, e non rispettare nemmeno la sua fede, facendo di questa fede un tema politico. Si può dire che non è stato lui ad iniziare, forse. Ma lui poteva anche non continuare. Poteva anche decidere di non prendere la comunione in pubblico. Poteva anche vivere la sua fede come un atto privato, con tutto quello che ne conseguiva in pubblico.
Adesso ci sarebbe bisogno di una presa di posizione anche da parte dei politici cattolici. Perché, al di là della simpatia personale per Biden e la sua agenda, c’è un modo presidenziale di affrontare le questioni. E Biden sarà pure cattolico, ma non è stato per niente presidenziale. Questo doveva probabilmente essere detto. Ed è nel mancare queste prese di posizione che la comunicazione dei cattolici fallisce.