William T. Newsome, professore di neurobiologia alla Stanford University e leader internazionale nei settori delle neuroscienze cognitive e sensoriali – che sta attualmente cercando di svelare i meccanismi neurali alla base dei processi decisionali – in un articolo pubblicato per la prestigiosa rivista scientifica “Stanford Medicine Magazine” ha parlato del suo rapporto ambivalente con scienza e fede, e di come i due ambiti possano coesistere senza forti conflitti nella coscienza di ciascuno. “La mia risposta – afferma Newsome – è che i modi di pensare possono essere molto diversi nei due domini. Tuttavia, a mio parere, il modo che predomina nella vita religiosa è la normale modalità di valutazione e di decisione nel contesto globale dell’esperienza umana. La modalità scientifica, al contrario, è molto particolare. È applicabile a un numero piuttosto ristretto di esperienza ed è generalmente praticata da un piccolo sottoinsieme della popolazione, scienziati professionisti. La mia tesi centrale – ha aggiunto l’esimio scienziato – è semplice: le domande più importanti le persone devono affrontare nella loro vita non sono suscettibili di soluzione con il metodo scientifico”. Soggiunge poi: “Credo che la ricerca religiosa comporti esattamente lo stesso modo di pensare (“parte del cervello”), che è coinvolto nel prendere decisioni di vita. Essa fa perno sulle nostre azioni, le nostre speranze e le nostre aspirazioni, ecco la mia esperienza primaria in rapporto con Dio (adorazione, preghiera), si basa sulla mia esperienza nella mia comunità religiosa, sulla testimonianza degli autori biblici, nonché sulle riflessioni critiche di altri pellegrini che incontro lungo il cammino. Ciò mi permette di entrare in contatto con la realtà centrale del nostro universo, che credo sia più bello di quello che di solito osiamo sognare.”
Giovanni Balducci