(Paolo D’Arpini di politicamentecorretto.com) – La morale e l’etica sono state usate da tutte le religioni come bandierine simboliche per giustificare il bene programmato a sistema. In tal modo molte delle ingiunzioni stabilite dalle varie fedi, in varie parti del mondo, hanno assunto una valenza giuridica anche nella gestione della giustizia civile e penale. Non mi riferisco specificatamente alla “sharia” musulmana in cui si sancisce la colpa e la pena relative alle trasgressioni, anche se questa forma di controllo sociale è la più evidente. Possiamo tranquillamente osservare che più o meno anche nelle altre forme religiose riconosciute come “ufficiali” dalle varie popolazioni e nazioni l’ingerenza delle norme religiose nell’ambito giudiziario è preponderante. Un esempio ci viene dalla condanna differenziata di alcuni aspetti nei rapporti sessuali tra i due generi come è il matrimonio. Nelle nazioni in cui domina l’islamismo sono consentite la bigamia e la pedofilia (Maometto ebbe diverse mogli e la sua ultima fu una bambina), mentre nei paesi in cui prevale il cristianesimo tali rapporti sono condannati e definiti un “reato penale”.
Insomma dico ciò per significare che la morale è un aspetto cangiante nelle diverse religioni e che la trasposizione di norme religiose in leggi di stato rappresentano la violazione di principi etici universali, in un caso o nell’altro…
Scriveva Elemire Zolla, in Discesa all’Ade e resurrezione: “Senza l’Essere l’Ente non sussiste”. Da questa asserzione se ne può dedurre che ogni ordinamento religioso manca di quella sostanza basilare che consente a qualsiasi “Ente” di manifestare equanimità e giustizia.
Una vera etica interspecista e transpersonale può essere solo laica, accordandosi con la natura umana in ogni suo aspetto costituente e non sulle ingiunzioni di carattere moralistico imposte dalla religione. Soprattutto le fedi monolatriche (giudaismo, cristianesimo ed islam), infatti, propugnano l’allontanamento dalla natura, la menzogna ed il fraintendimento dell’eticità universale.
Purtroppo nella società moderna, soprattutto in seguito all’influenza delle religioni e della cultura maschilista e patriarcale, ha preso il sopravvento la parte giudicativa della mente, da qui la grande arroganza dell’uso nei confronti delle diversità biologiche. I bambini sono i primi sfruttati, in senso ideologico e religioso, obbligati dai loro stessi genitori e dalle consuetudini sociali (ormai consolidate) a sottostare alle strumentalizzazioni religiose. Prima ancora che abbia potuto capire cosa significhi religione, un bambino innocente viene obbligato ad un percorso religioso, del tutto inconsapevolmente. Il bambino viene legato ai riti e ad una fede che non conosce e non ha l’età per capire se sia buona o cattiva. In tal modo si rinchiude la società in una prigione di pensieri, e ciò vale sia per le religioni che per le ideologie.
Ritengo personalmente che per andare verso una consapevolezza della comune appartenenza e della pari dignità e complementarietà dei vari aspetti vitali, insomma delle reciproche relazioni interspeciste, sia importante che vengano riconosciute le differenze per poter allo stesso tempo riconoscere l’eticità naturale senza forzare la natura.
L’astrazione del pensiero trasformata in “religione” non aiuta la manifestazione di uno spontaneo “rispetto” verso i propri simili che si manifesta in una società evoluta, non degradata in una scala di valori su base ideologica. Questa “evoluzione” psichica non comporta necessariamente l’uso della cosiddetta “tolleranza” religiosa, poiché tale tolleranza è essa stessa una forma di pregiudizio.
Nel Hua Hu Ching è detto: “Agli esseri comuni spesso si richiede tolleranza. Per gli esseri integrali non esiste una cosa come la tolleranza, perché non esiste nessuna cosa come le altre. Essi hanno rinunciato a tutte le idee di individualità e ampliato la loro buona volontà senza pregiudizi in qualunque direzione. Non odiando, non resistendo, non contestando. Amare, odiare, avere aspettative: tutti questi sono attaccamenti. L’attaccamento impedisce la crescita del proprio vero essere. Pertanto l’essere integrale non è attaccato a nulla e può relazionarsi a tutti con una attitudine non strutturata.”
La causa dello scollamento dallo stato “naturale” è una conseguenza della conversione ai dettami religiosi che ha provocato la progressiva corruzione e cancellazione della originaria visione naturalistica dell’uomo integro. Questa sostituzione di valori si riflette anche in tutte le forme artistiche e culturali, in particolare nell’assoluta iconoclastia musulmana ma anche nelle fissazioni moralistiche cristiane, sia protestanti che cattoliche od ortodosse, che tendono a descrivere il male della vita e della sessualità, imputando alla “mondanità” la ragione della sofferenza – a partire ovviamente dal cosiddetto peccato originale- e proponendo come soluzione la mortificazione della carne, l’ascetismo e la rinuncia (al fine di potersi guadagnare la gioia in un aldilà).
Da qui la necessità di una etica laica anche nella conduzione legislativa dello stato. Contro l’abuso delle religioni mi scriveva l’amico Nico Valerio: “Contro gli abusi lessicali suggeriti dalla Chiesa pensiamo p.es. all’inesistente distinzione semantica-politica tra Stato “laico” o scuola “laica”, e “laicista”, nel senso di seguace di quella stessa idea; mentre i preti danno a intendere che il secondo termine sia un rafforzativo o peggiorativo del primo…”. Ma sostanzialmente l’etica laica, intesa nel senso originario, non dovrebbe assolutamente essere confusa con una “non religiosità” bensì come espressione di una spontanea “spiritualità naturale”, che deriva da Naturismo o filosofia della Natura.
La vera etica umanistica non appartiene ad alcuna religione; essa è la vera natura dell’uomo. Tale etica naturale e laica si manifesta nella condizione di assoluta “libertà” da ogni forma pensiero costituita…