Milano – Maria Antonietta Calabrò, la giornalista più amata dalla lobby Opus-Rai, la protetta del banchiere Bazoli e del cardinale Piacenza, non finisce mai di stupire. Il suo modo di intendere i dettami della “completezza dell’informazione”, resta misterioso. È dalla scorsa settimana (L’Espresso) che tutti i media italiani (La Repubblica, Il Messaggero, Il Fatto Quotidiano ecc…) ricordano il buco provocato nel bilancio dello Ior dai 15 milioni di euro finiti nelle casse della Lux Vide della famiglia Bernabei. Ma lei, niente. Da questo orecchio non ci sente: la lobby Opus-Rai (e non solo) non si tocca. Silenzio sul ruolo dell’ex segretario di Stato Tarcisio Bertone, silenzio sul ruolo di “trait d’union” svolto da Marco Simeon, silenzio su tutte le variegate coperture vaticane dell’intricato affaire. In un’intervista di ieri del “Corriere della Sera” al cardinale Georg Pell, il “normalizzatore” delle finanze d’oltretevere, scelto da Papa Francesco. Non gli domanda a chi facesse riferimento durante la conferenza stampa di due giorni fa quando il porporato ha fatto cenno ai recenti scandali, da tutti i vaticanisti interpretati, appunto, come un dito puntato sui magheggi che hanno favorito la Lux Vide. Per carità, terreno minato per gli amici degli amici. E così, fa fare a Pell una figura barbina, limitandosi a ricordargli soltanto gli scandali legati ai nomi di Roberto Calvi e Michele Sindona. Roba di trenta, quant’anni fa, dei tempi di monsignor Marcinkus. Che col povero cardinale Pell aveva in comune soltanto la stazza e la statura di quasi due metri. E la Calabrò lavorava per il periodico ciellino “Il Sabato”.