(da L’Unione Sarda) – Fari dei media dell’opinione pubblica mondiale puntati sul Tribunale della Città del Vaticano dove, dopo la sentenza di gennaio sugli immobili dello Ior, il 27 luglio si aprirà quella sorta di “maxi processo” sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato.
“Maxi” per i numeri, dalle persone coinvolte ai capi di imputazione, dal materiale probatorio sequestrato alle diverse vicende che si intrecciano. E non a caso da qualche settimana le udienze del Tribunale sono state spostate in una grande aula dei Musei Vaticani.
Depositate ieri le motivazioni della sentenza con la quale a gennaio sono stati condannati l’ex presidente Ior, Angelo Caloia, e il legale Gabriele Liuzzo. In attesa dell’appello, i giudici evidenziano che si è trattato di fatti di “eccezionale gravità” perché i quasi 20 milioni di euro delle somme oggetto di appropriazione sono stati sottratti “non solo ai legittimi diritti delle persone offese, ma anche alla destinazione ‘ad opere di religione e di carità’ previste dallo statuto dello Ior in vigore all’epoca dei fatti”.
Il riferimento alle opere di carità è in premessa anche alla corposa documentazione (488 pagine) con la quale si rinviano a giudizio dieci persone, tra le quali il cardinale Angelo Becciu, e quattro società per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato.
Negli anni “l’Obolo di San Pietro ha mantenuto inalterata la sua funzione di fondo nella disponibilità del Santo Padre per lo svolgimento di opere assistenziali ed è proprio la deviazione impressa a questa finalità – dicono gli inquirenti – che fa da sfondo alle imputazioni”.
In primo piano c’è la nota vicenda dell’immobile di Sloane Avenue a Londra. Ma in realtà l’ufficio del Promotore di Giustizia ha messo insieme tutte le vicende, grandi e piccole di corruzione. E quindi ci sono anche le ricevute di trattorie nella località turistica di Sperlonga, fatte passare come cene di lavoro, il tentativo di investire nel petrolio dell’Angola e molto altro.
Oggi il cardinal Becciu ha annunciato una nuova querela per “gravissime e diffamatorie deformazioni della realtà”. Contesta un articolo sui fondi arrivati alla diocesi di Ozieri e precisa che “tali contributi caritatevoli, non gestiti dal cardinale – riferisce il suo avvocato Fabio Viglione – ma autonomamente dalla Diocesi di Ozieri e dalla locale Caritas, sono stati impiegati in progetti a vocazione sociale, la cui meritevolezza avrà presto agio di dimostrare al Tribunale, dissipando una volta per tutte simili campagne diffamatorie”.