(Daniele Dell’Orco di Il Giornale) – Sono ormai lontani i tempi in cui l’umanità era divisa tra “fede” e “scienza”. In clima di pandemia anche il vecchio assunto “fidatevi della scienza” rischia di finire in soffitta. Già, perché lo slogan della nuova religione laica è: “Fidatevi degli influencer”. Il ministero alle Politiche Giovanili, presieduto dalla grillina Fabiana Dadone, sta mettendo a punto una campagna di sensibilizzazione sui social, dedicata ai giovanissimi, sull’importanza della vaccinazione. Per gli under 20 si useranno Tik Tok con i suoi influencer mentre per gli under 30 verranno coinvolti i vip di Instagram, Facebook e Twitch.
Una iniziativa che somiglia molto alla chiamata alle armi voluta dall’ex premier Giuseppe Conte, che lo scorso ottobre arruolò Fedez e Chiara Ferragni per diffondere tra i ragazzi l’abitudine ad indossare la mascherina anche all’aperto e a rispettare le norme anti-covid, per poi trasformarli in attivisti pro-ddl Zan, anti-Regione Lombardia etc. Sebbene social e canali 2.0 siano indubbiamente fondamentali per raggiungere il pubblico degli under 30, l’effetto collaterale di queste operazioni sarà quello di fagocitare il delirio di onnipotenza di cui sono già pervasi i re dei social, e di accentuare ancor di più la percezione degli influencer come semidei agli occhi dei giovani. Così tanto “influenzati” che non solo potranno diffondere campagne pubblicitarie e proporre modelli di vita patinati, ma persino entrare nella sfera più delicata tra tutte, quella della salute.
La sensazione è che la politica, la comunicazione mediatica tradizionale, le cerchie di formazione ed educazione “de visu”, a cominciare proprio dalla scuola, stiano abdicando ai fenomeni del web, affidando a loro il compito di mediare tra il mondo reale e quello puramente virtuale in cui vivono i giovani d’oggi. Per carità, i testimonial d’eccezione per le campagne di promozione sociale sono sempre stati utilizzati. Attori, musicisti, sportivi etc. Ma gli influencer rappresentano una categoria del tutto nuova e ben più delicata. L’influencer “vende” uno stile di vita che purtroppo in molti casi non è reale e non può essere certamente alla portata di tutti.
Conferire agli influencer e alla loro liquidità congenita un potere comunicativo così straordinario può produrre effetti collaterali persino superiori ai benefici. Come, ad esempio, lo sconfinamento in altri campi della vita quotidiana: l’istruzione, l’informazione, la politica. Come se non fosse sufficiente il precedente di Fedez che pontifica dal palco del concerto del 1 maggio e che diffonde propaganda pro-ddl Zan allo stesso modo in cui vende smalti per unghie. Un passaggio di un’intervista realizzata da Repubblica a Cecilia Cantarano, 21 anni, tiktoker di professione, può essere utile a rendere l’idea della deriva “tuttologica”: “Una cosa carina potrebbe essere, per esempio per me, un video in cui smentisco le fake news. Proprio perché ce ne sono molte, andiamo a giocare su quello, andiamo a commentarle”. La tiktoker, dunque, si propone già come debunker, vogliosa di smentire le fake news forte di non si capisce bene quale background. Se questo deve essere il presente, e il futuro, delle campagne di sensibilizzazione, allora tanto varrebbe consegnare direttamente ai Ferragnez le chiavi del ministero per le Politiche Giovanili.