(Lucia Agati di La Nazione) – Due immagini affiorano davanti a “Resurrezione“, l’opera di Adriano Veldorale custodita nella chiesa di San Domenico: il Cristo Morto del Mantegna e la Sacra Sindone. E davanti a tutte e tre c’è il prodigio, qualcosa che sfugge, di non conoscibile…“Quando un mistero è così sovraccarico…“. “Una intuizione – ha scritto di lui Lucia Fiaschi – che fa pensare che egli abbia toccato uno dei limiti del soggetto altissimo con il quale è entrato in intimo e rispettoso dialogo”. Ma chi è Adriano Veldorale? E qual è il mistero che ha soffiato su di lui per consentirgli di realizzare un capolavoro composto da diciassettemila triangoli equilateri di ferro saldati a uno a uno?
Quando è avvenuto il suo incontro con l’arte?
“Sono pistoiese. Sono nato il 17 gennaio del 1976 e sono autodidatta. Lavoro come operaio nella ditta di filati Biagioli Modesto, a Montale. Per me è importante avere un lavoro. Non sono uno schiavo del mercato dell’arte. Ho sempre trafficato con le mani, fin da quando ero bambino. Avevo otto anni quando ho fatto la mia prima opera: un bicchiere di legno scolpito con un cacciavite e un martello. La seconda è stata uno stambecco dentro un ramo d’olivo. Ho dipinto anche, nel tempo, ma è nella materia che vedo le forme”.
Come è nata “Resurrezione“?
“A volte siamo scelti dall’opera. Immaginavo un uomo che si alzava da un letto di foglie. Era come un sogno che premeva. Ho cominciato a lavorare i triangoli. Provenivano dagli scarti di carpenteria pesante, dove lavora mio fratello Matteo. Dopo un mese e mezzo ero a metà del lavoro. Ma ci sono voluti dieci mesi perchè venisse fuori quella meraviglia assurda che è. Io non sapevo cosa sarebbe venuto fuori e non ho lavorato su un disegno preordinato, ho saldato un triangolino dietro l’altro sempre pensando a quel corpo che si levava dalle foglie. “Resurrezione“ si è fatta strada da sè…Il corpo non c’è più. E’ puro spirito. Poi il sudario cade e resta la sindone. Il resto è risorto”
Quando è stata esposta per la prima volta?
“L’opera è stata esposta in occasione di Pistoia Capitale 2017. E’ stata allestita nel Battistero, su un fonte battesimale del 1200. Quando sono andato a misurare, ho visto che, da ogni lato avanzavano appena due centimetri. Allora ho pensato che era tutto vero, che quella era la sua destinazione e che non avevo sbagliato niente, nemmeno le misure. Era precisa”.
Cosa è accaduto durante l’allestimento?
“Anche il momento dell’allestimento è stato suggestivo. Mi ricordo che era un venerdì sera, in Battistero. Io stavo montando la mia opera ed ero concentrato. Non mi sono quasi accorto che era entrato un gruppo di turisti svedesi e quando ho alzato lo sguardo erano tutti intorno a me. In silenzio. So che lì non arriverò mai più. So che con Resurrezione si è compiuta la magia dell’arte. Ho visto persone, in Battistero, che soffiavano sopra i triangolini pensando che si muovessero…E’ stata una emozione difficile da raccontare con le parole”.
Eppure non era destinata a Pistoia…
“Quando “Resurrezione“ è nata c’era stato il terremoto in Umbria, una terra a cui sono molto legato. Avrei voluto donarla a Norcia. Ricostruire sulle macerie, risorgere, quella era la simbologia per me, pensata per l’Umbria. Ma è un sogno che c’è ancora. Nel frattempo, dal Battistero l’opera è stata trasferita in San Domenico, dove è possibile vederla la mattina, quando la chiesa è aperta”.
A chi appartiene l’opera?
“A una famiglia pistoiese di collezionisti e appassionati di arte che sono rimasti impressionati dalla spiritualità che trasmette e che hanno espresso il desiderio che rimanga visibile al pubblico. Per ora resta lì”.
Adesso a cosa sta lavorando?
“Dopo il Cristo sono stato fermo un anno. Ero come svuotato, nella testa e nello spirito. Non vedevo più nulla. Poi ho ricominciato a lavorare, saldando triangoli e cercando la luce riflessa. Così sono nate le opere che da qualche giorno sono esposte a Pietrasanta, con la galleria pistoiese ArtistikaMente. Ci sono “La sposa“, “Genesi“, “Nuvola arida“ e “Geometria complessa“, tutte realizzate tra il 2019 e il 2021. “Nuvola arida“ è stata a Siena, a Santa Maria della Scala. Ho pagato il biglietto di ingresso per vederla…una soddisfazione tropo grande”.
Dove la sta portando la sua ricerca?
“Ora è la vela il mio tema, inevitabilmente collegata al vento, che mi affascina per la sua impalpabilità e la sua forza che ti allontana dai porti sicuri. Il vento e la vela hanno ispirato anche una delle mie ultime opere giganti, realizzata in giardino, dove monto una copertura di plexiglass. E’ una Nike. Si trova in un giardino privato sulle colline di Carmignano. Le sue ali sono innestate sul tronco di un vecchio olivo che era stato lasciato in disparte. Sono composte di triangolini. Sono di acciao e non di ferro. Li ho fatti satinare perchè non brillassero troppo sotto il sole. Ma brillano lo stesso”.