(Fabio Peterlongo di giornaletrentino.it) – Raccolti nel Duomo di Trento in data 10 ottobre, gli otto rappresentanti delle chiese presenti in regione hanno sancito l’istituzione del Consiglio delle chiese cristiane di Trento. L’obiettivo del Consiglio, che coinvolge cattolici, protestanti ed ortodossi, è quello di favorire il dialogo tra le diverse confessioni, cercando risposte comuni ai problemi che interpellano la fede cristiana, promuovendo l’integrazione contro ogni forma di discriminazione e disegnando un percorso di iniziative condivise. Il Consiglio raggruppa la Chiesa Cattolica Romana, la Chiesa Evangelica Valdese, le Comunità Evangeliche Luterane di Bolzano e Merano, la Diocesi Ortodossa Romena, la Diocesi Ortodossa Russa, la Foursquare Gospel Italia, la Pakistan-Hindu Christian Community in Europe, la Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno del distretto di Bolzano-Trento (in qualità di osservatore).
Tra le comunità coinvolte, c’è la Chiesa valdese, “piccola” numericamente ma inconfondibile per la sua particolare lettura del cristianesimo. Protestanti, ma precedenti di tre secoli la Riforma luterana, i Valdesi abbracciano in maniera netta il principio della laicità dello Stato e sono spesso controcorrente rispetto alle chiese più conservatrici. Eutanasia, bio-testamento, parità uomo-donna, omosessualità, aborto, sui cosiddetti “temi etici” i Valdesi coniugano fede e libertà basandosi su un’interpretazione non letterale ma storico-critica dei testi sacri. Rimasti privi di una sede autonoma dopo la chiusura avvenuta una decina di anni fa della Sala valdese di Rovereto, i Valdesi in Trentino-Alto Adige sono circa trenta e fanno riferimento alla Chiesa valdese di Verona. Prima della pandemia, il culto veniva celebrato una volta al mese presso la Casa delle Donne di Rovereto, ma oggi le restrizioni impediscono questa possibilità. Ne abbiamo parlato con Alessandro Serena, predicatore locale per la Chiesa valdese.
Alessandro, cosa caratterizza la Chiesa valdese rispetto alla Chiesa cattolica e ad altre chiese protestanti?
La Chiesa valdese appartiene alla galassia del Protestantesimo, anzi lo precede perché le sue origini si collocano nel Dodicesimo secolo, quando Valdo di Lione, un po’ come San Francesco, iniziò a mettere in pratica il Vangelo abbandonando la sua vita da mercante, ispirando poi lo sviluppo della nostra chiesa. Un aspetto che caratterizza la Chiesa valdese è la sua natura non gerarchica: non c’è un clero, tutti gli incarichi sono conferiti su base elettiva. I pastori, che hanno la responsabilità della comunità ed hanno compiuto un percorso di studi specifici, possono essere uomini e donne, celibi o sposati. La mia figura non è quella di pastore, ma di predicatore locale. Anche i predicatori locali possono essere uomini o donne, ma si concentrano sulla celebrazione dei culti e hanno anche un altro lavoro.
Eutanasia, bio-testamento, aborto, staminali, omoaffettività, su tutti i “temi etici” i Valdesi si pongono a difesa della laicità dello Stato, prendendo le distanze dai fondamentalismi. Come nasce questa sensibilità?
Quella valdese è una chiesa, per così dire, “progressista” perché nasce da un approccio alla Scrittura che non è letteralista, ma storico-critico. Per comprendere la Scrittura non si può ignorare il contesto storico in cui gli esseri umani che l’hanno redatta erano immersi. Per fare un esempio, nella Bibbia ci sono pagine terribili verso gli omosessuali, ma sono l’esito del contesto storico in cui i compilatori erano calati ed avevano in mente dei significati diversi da quelli di oggi. I Valdesi sottolineano il messaggio eterno contenuto nelle scritture, che è il messaggio d’amore. L’approccio storico-critico ci vaccina contro i fondamentalismi.
Chi si avvicina al valdismo? Ci sono famiglie cresciute dentro questo credo o è soprattutto una chiesa a cui si “approda” dopo un percorso personale?
Ci si avvicina alla Chiesa valdese in modi molto differenti. Ci sono famiglie che praticano da sempre, altri arrivano dal cattolicesimo, altri ancora dall’agnosticismo e decidono di confrontarsi con una dimensione dell’esistenza per loro nuova. Non dimentichiamo poi che la Chiesa valdese è apparentata con quella metodista, praticata largamente in vaste aree del mondo tra cui il Nord America e da noi da numerosi migranti di origine africana, in particolare ghanesi.
Nel 2015 papa Francesco chiese perdono ai Valdesi per le persecuzioni subite per mano cattolica nel corso dei secoli. Come ha reagito la Chiesa valdese a quel gesto?
Papa Francesco si recò al Tempio valdese di Torino e durante una visita che ha fatto storia ha chiesto perdono per i massacri e le persecuzioni che i cattolici attuarono verso i Valdesi a partire dal Medioevo. La richiesta di perdono venne accettata, cogliendo come il dialogo fraterno sia dono della Misericordia di Dio. La Tavola valdese contemporaneamente precisò che i Valdesi di oggi non hanno subito quelle tragedie e non possono sostituirsi alle vittime. Il nostro rapporto con la Chiesa cattolica oggi è di collaborazione, portiamo avanti dei progetti congiunti, come “Mediterranean Hope”, che vede impegnate la Comunità di Sant’Egidio, la Tavola valdese e la Federazione delle chiese evangeliche nella realizzazione di corridoi umanitari dalla Siria devastata dalla guerra civile.
Veniamo al Trentino. Fino a una decina di anni fa, esisteva una Sala valdese a Rovereto, che però è stata chiusa. Quanti sono i Valdesi nella nostra realtà locale?
La sala di Rovereto fu chiusa per un insieme di ragioni, da un lato il numero troppo piccolo di aderenti e dall’altra i costi del locale. I Valdesi in Trentino-Alto Adige sono circa trenta, tra i membri di chiesa e i simpatizzanti. I Valdesi trentini fanno riferimento alla Chiesa valdese di Verona, ma prima della pandemia celebravamo il culto una volta al mese presso la Casa delle Donne di Rovereto. Ora però le normative covid non consentono l’utilizzo di quello spazio perché la superficie è insufficiente. Ma non disperiamo.
La Chiesa valdese ha contribuito alla nascita del Consiglio delle chiese cristiane di Trento, insieme alla Chiesa cattolica, a quella ortodossa e a numerose realtà protestanti. Che significato ha l’apertura di questo “tavolo”?
Questo accordo va a formalizzare la nascita di un Consiglio ecumenico che nei fatti esiste già da diversi anni, visto che il confronto con le altre chiese è sempre rimasto costante. E il fatto che questo avvenga nella città del Concilio, emblema della Controriforma, è simbolico per noi. Non è l’unico tavolo interreligioso di cui facciamo parte: partecipiamo all’Osservatorio interreligioso contro la violenza sulle donne e in quel contesto prendiamo parte alla Giornata del dialogo islamico-cristiano.
A proposito di dialogo interreligioso, come giudica la qualità del dibattito pubblico?
Nella società è diffuso un analfabetismo religioso che è anche analfabetismo culturale. Conoscere le religioni, soprattutto in una società pluralista come quella in cui viviamo, è essenziale per favorire la comprensione reciproca e l’accoglienza, penso in particolare per quanto riguarda l’Islam.
Nelle scuole pubbliche è previsto l’insegnamento della religione cattolica. Ritiene opportuno che si vada verso un’ora di “storia delle religioni”?
Nelle scuole pubbliche si prevede l’insegnamento della religione cattolica e sebbene noi collaboriamo talvolta con insegnanti di religione particolarmente aperti e curiosi, questa scelta sta sempre alla discrezione del singolo insegnante. Insomma, l’ora di religione cattolica non è “progettata” per questo. È lecito chiedere un approccio più pluralista nelle scuole verso le religioni.