(Matteo Al Kalak di San Francesco patrono d’Italia) – In un ciclo di lezioni tenuto mentre infuriava la seconda guerra mondiale, lo storico Federico Chabod rifletteva sul percorso che aveva portato alla formazione dell’ idea di Europa. Il tratto che egli indicava come fondante dell’ identità europea nel Medioevo era la comune appartenenza degli abitanti del continente alla religione cristiana. Dopo essere stata greca e romana, l’ Europa aveva trovato una sua nuova coesione attorno alla fede. Per quanto gli storici si siano sforzati di cercare ciò che univa coloro che, da Carlo Magno a Cristoforo Colombo, vissero tra il Mediterraneo e la Scandinavia, non vi è dubbio che la storia dell’ Europa, come ogni storia, sia in verità una storia plurale, composta da molte voci, non di rado in disaccordo tra loro. A questa ‘alterità’ e alla presenza di mondi o culture altre nel seno di un continente apparentemente omogeneo, ha deciso di soffermarsi un recente volume di Marina Montesano, Ai margini del Medioevo. Storia culturale dell’ alterità, edito da Carocci. Studiosa del Medioevo, analizzato nei suoi sviluppi culturali, Montesano ripercorre dieci secoli di storia europea attraverso alcune delle categorie che si succedettero (e talvolta convissero) ai margini della società. La lista, popolata e quantomai evocativa ancora nell’ immaginario odierno, è fatta di poveri, lebbrosi, eretici, pagani, perfetti (i ‘catari’), infedeli, templari, streghe, ebrei e zingari (o romani). Ci si potrebbe fermare a questo elenco per cogliere la varietà di idee, provenienze, convincimenti e prospettive che animarono l’ età di mezzo.
Prima di inoltrarsi nelle singole vicende, l’ autrice introduce il lettore a una riflessione sul concetto stesso di marginalità e, soprattutto, sui meccanismi che determinano l’ inclusione o l’ esclusione in un determinato gruppo sociale. L’ elemento religioso è, nel Medioevo, determinante in questo processo e, sotto molti punti di vista, costruisce le principali ‘alterità’ con cui l’ Europa medievale si deve misurare. Anzitutto quelle forme di dissidenza o diversità dogmatica, morale o comportamentale, accomunate sotto le insegne dell’ eresia. Una categoria che riaffiora a più riprese nell’ analisi, assieme a una più ampia riflessione sul confine che separa simile e diverso, maggioranza e minoranza, uguale e altro. Come spiega Montesano, spesso cercare una dissidenza porta a crearla; e creare una dissidenza è, per una Chiesa che sta cambiando volto e rafforzando le proprie strutture, un modo per edificare e rinvigorire la propria identità. I primi capitoli si soffermano sulla genesi delle tante eresie che costellano i secoli che seguono il crollo dell’ Impero Romano fino al Duecento inoltrato.
Affascinanti le pagine dedicate alle ‘nuove sette’ dell’ età tardomedievale, in un intreccio tra le vicende dei Templari – in cui politica e religione si saldano l’ una all’ altra – e della stregoneria, con l”invenzione’ del ritrovo notturno e diabolico denominato sabba. Dopo un capi- tolo sulla mai pacata convivenza tra gruppi religiosi diversi, in particolare ebrei e musulmani nella cornice della cristianità europea, il volume si chiude sulla minoranza che si affacciò per ultima alla storia narrata: gli zingari. La loro è una vicenda controversa e difficile da esplorare per gli studiosi, a causa della scivolosità e, talora, della scarsità delle fonti. Il libro ricostruisce alcuni episodi dell’ ininterrotta peregrinazione di questo popolo, seguendo i suoi spostamenti tra Venezia – da dove gli zingari furono banditi -, Bologna e il Sud della Penisola, fino alle tante attestazioni in mezza Europa. Ne risulta un appassionante viaggio nella cultura di un continente molto meno compatto di quanto una visione romantica abbia tentato di dipingere: un luogo in cui l’ altro, più che una minoranza, sembra una presenza costante e persino necessaria.