I musulmani adorano con noi un Dio unico ma bisogna prendere con le molle questo fatto perché se è vero che i musulmani adorano un Dio unico e misericordioso, è altrettanto vero che il loro Dio, Allah, è inaccessibile mentre il nostro, tramite Gesù Cristo è sempre insieme a noi. È la Trinità cristiana che contrasta con l’unicità distaccata di Allah. Dio è Trinità nella sua essenza, pluralità unita dall’amore. È un po’ più che sola clemenza e misericordia per una visione dell’unicità trinitaria in cui Dio è Amore che si comunica: Padre-Figlio-Spirito, oppure Amante-Amato-Amore, come suggeriva Sant’Agostino. Poi, anche la misericordia del Dio islamico cosa significa? Che Lui fa misericordia a chi vuole e non la fa a coloro a cui non vuole: “Dio fa entrare nella Sua misericordia chi Egli vuole” (Corano 48:25). Queste espressioni si trovano in modo quasi letterale nell’Antico Testamento (Esodo 33:19). Ma non si arriva mai a dire che “Dio è Amore” (Giovanni 4:16), come si esprime san Giovanni. La misericordia nel caso dell’islam è quella del ricco che si china sul povero e gli concede qualcosa. Ma il Dio cristiano è Colui che scende verso il povero per innalzarlo al suo livello; non mostra la sua ricchezza per essere rispettato (o temuto) dal povero: dona se stesso per far vivere il povero. D’altronde gli scritti sacri islamici conservano parte degli insegnamenti cristiani, ad esempio il racconto del l’Annunciazione si ritrova quasi letteralmente nei capitoli 3 e 19, ma più frequentemente il Corano s’ispira ai pii racconti dei Vangeli apocrifi, per cui non privilegiano il senso teologico , che nei vangeli apocrifi è quasi assente del tutto, perché non hanno la visione globale del messaggio cristiano. Anche se il Corano si riferisce a “Gesù e Maria che sono oggetto di profonda venerazione, Gesù non è oggetto di venerazione nella tradizione musulmana mentre per Maria, si può parlare di una venerazione, in particolare da parte delle donne musulmane, che volentieri vanno ai luoghi di pellegrinaggio mariano. Per noi cristiani Maria è venerata non come chi esaudisce i nostri desideri na come chi intercede presso Dio. Non è Maria a d esaudirci ma Dio tramite lei. L’assenza di venerazione per Gesù Cristo si spiega probabilmente per il fatto che, nel Corano, Gesù è un grande profeta, famoso per i suoi miracoli a favore dell’umanità povera e malata, ma non è uguale a Maometto. Solo da parte dei mistici, si può notare una certa devozione, essi lo chiamano anche “Spirito di Dio”. In realtà, tutto ciò che si dice di Gesù nel Corano è l’opposto degli insegnamenti cristiani. Egli non è Figlio di Dio: è un profeta e basta. Non è nemmeno l’ultimo dei profeti perché invece il “sigillo dei profeti” è Maometto (Corano 33:40). La rivelazione cristiana è vista solo come una tappa verso la rivelazione ultima, portata da Maometto, cioè l’Islam. La figura di Cristo come seconda persona della Trinità è condannata. Nel Corano si dice in modo esplicito ai cristiani: “O Gente della Scrittura, non eccedete nella vostra religione e non dite su Dio altro che la verità. Il Messia Gesù, figlio di Maria, non è altro che un messaggero di Dio, una Sua parola che Egli pose in Maria, uno Spirito da Lui (proveniente). Credete dunque in Dio e nei Suoi messaggeri. Non dite ‘Tre’, smettete! Sarà meglio per voi. Invero Dio è un dio unico. Avrebbe un figlio? Gloria a Lui” (Corano 4:171). I versetti contro la Trinità sono molto chiari e non hanno bisogno di tante interpretazioni. Quindi il Corano nega la divinità di Cristo: “O Gesù, figlio di Maria, sei tu che hai detto alla gente: ‘Prendete me e mia madre come due divinità all’infuori di Dio’?” (Corano 5:116). E Gesù lo nega!”. Infine, nel Corano è negata la redenzione. Addirittura si afferma che Gesù Cristo non è morto in croce, ma è stato crocifisso un suo sosia: “Non l’hanno ucciso, non l’hanno crocifisso, ma è sembrato loro” (Corano 4:157). In tal modo Dio ha salvato Gesù dalla cattiveria dei giudei. Ma così Cristo non ha salvato il mondo! Insomma, il Corano e i musulmani negano i dogmi essenziali del cristianesimo: Trinità, Incarnazione e Redenzione e non si può dire che “Gli scritti sacri dell’Islam conservano parte degli insegnamenti cristiani”. Si deve semplicemente parlare del “Gesù coranico” che non ha niente a che vedere con il Gesù dei Vangeli. Il Corano cita Gesù perché pretende di completare la rivelazione di Cristo per esaltare Maometto. Del resto, vedendo quanto Gesù e Maria fanno nel Corano, ci si accorge che essi non fanno altro che applicare le preghiere e il digiuno secondo il Corano. Maria è certamente la figura più bella tra tutte quelle presentate nel Corano: è la Madre Vergine, che nessun uomo ha mai toccato. Ma non può essere la Theotokos; anzi, è una buona musulmana. Ma torniamo alla pietà. Se la pietà verso i poveri è un’esigenza dell’Islam, resta una differenza notevole tra l’etica cristiana e quella musulmana, in quanto l’etica musulmana non è sempre universale, si tratta spesso di aiuto dentro la comunità islamica, mentre l’obbligo di aiuto, nella tradizione cristiana, è di per sé universale. Si nota per esempio, quando c’è una catastrofe naturale in qualche regione del mondo, che i Paesi di tradizione cristiana aiutano senza considerare la religione di chi è aiutato, mentre Paesi musulmani ricchissimi (quelli del Penisola Arabica per esempio) non lo fanno mai. Inoltre l’Islam lega etica e legalità: chi non digiuna durante il mese di Ramadan commette un delitto e va in prigione (in molti Paesi). Se osserva il digiuno previsto, dall’alba al tramonto, è perfetto, anche se dopo il tramonto mangia fino all’alba del giorno seguente, di più e meglio del solito e si mangiano le cose migliori e in abbondanza. Ecco perché anche in questo caso nell’Islam si ubbidisce alla legge senza farla propria. Sembra non esserci altro significato nel digiuno se non ubbidire alla legge stessa del digiuno. Il Ramadan diventa il periodo in cui i musulmani mangiano di più, e mangiano le cose più prelibate. L’indomani, dato che per mangiare nessuno ha dormito, nessuno lavora. Però, dal punto di vista formale, tutti hanno digiunato per alcune ore. È un’etica legalista: se fai questo, sei nel giusto. Un’etica esteriore. Il nostro digiuno è invece qualcosa che ha come scopo l’avvicinarsi al sacrificio di Gesù, alla solidarietà con i poveri e non c’è il momento in cui si recupera quanto uno non ha mangiato. Non dura da oggi al giorno tale, ma si applica sempre quando ve ne sia bisogno, quando è lo stesso Signore a chiedercelo. E noj non dobbiamo sottrarci. E non digiuniamo sapendo che poi ci abbufferemo, perché non sappiamo se e quando riprenderemo a mangiare. Se qualcuno applica la legge islamica, tutto è in ordine. Il fedele non cerca di andare oltre la legge. La giustizia è richiesta per legge, ma non è superata. Per questo, non c’è nel Corano l’obbligo del perdono; invece, Gesù nel Vangelo chiede di perdonare in modo infinito (settanta volte sette: cfr. Matteo 18, 21-22). Nel Corano la misericordia non arriva mai all’amore. Lo stesso vale per la poligamia: si può avere fino a quattro mogli. Se voglio averne una quinta, basta ripudiare una di quelle che ho già, magari la più vecchia, e prendermi una sposa più giovane. E avendo sempre e solo quattro mogli sono nella perfetta legalità. C’è anche l’effetto contrario, per esempio per l’omosessualità. In tutte le religioni, è un peccato, nel cristianesimo non si cita direttamente l’omosessualità ma la perversione sessuale, e resta da stabilire se l’una corrisponda all’altra: “Tutto è una grande confusione: sangue e omicidio, furto e inganno, corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro; confusione dei buoni, ingratitudine per i favori, corruzione di anime, perversione sessuale, disordini matrimoniali, adulterio e dissolutezza. L’adorazione di idoli senza nome è principio, causa e fine di ogni male”. (Bibbia – Sapienza 14; 25-27). Per i musulmani, l’omosessualità è un vero e proprio delitto che dovrebbe essere punito con la morte. Il motivo è ovvio: l’Islam è religione, cultura, sistema sociale e politico; è una realtà integrale. Ed è chiaramente così nel Corano. Il Vangelo invece distingue chiaramente la dimensione spirituale ed etica dalla dimensione socio-culturale e politica. Più di una perplessita nasce infine dalla considerazione che un’adeguata interpretazione del Corano faccia sì che l’Islam si opponga alla violenza. Noi templari sappiamo benissimo che non è vero, con tutti i morti che abbiamo lasciato in Terra Santa per Gerusalemme e la difesa a spada tratta della cristianità. Abbiamo combattuto da cristiani in quanto la violenza è contemplata sia nel Corano che nella nostra Sacra Bibbia. Quando Maometto predicava, l’Islam cresceva al ritmo di 10 nuovi mussulmani all’anno. Ma quando cominciò la Jihad, l’Islam aumentò in media di diecimila nuovi adepti all’anno. Il Corano offre una grande visione della Jihad – la conquista del mondo attraverso il processo politico. Ora, passiamo alla Bibbia ebraica. Se contiamo i riferimenti alla violenza ci accorgiamo che molta parte del testo le è dedicato. La differenza sta nel fatto che la violenza nel Corano è eterna e universale mentre la nostra, quella biblica, è concepita e consentita come difesa, attiene a un particolare luogo e ad un determinato momento storico. Che può ripetersi ma resta eccezionale. Qui sta l’enorme differenza tra l’Islam e la religione ebraico-cristiana cui noi templari tendiamo. Si può misurare la differenza nell’espressione della violenza tra i testi ebraico-cristiani e quelli dell’islam, nell’uso che si fa della paura della violenza contro artisti, critici e intellettuali. Quale artista, critico o intellettuale prova un briciolo di paura se deve condannare qualunque cosa di cristiano o ebraico? Di contro, si ricordino gli esempi di minacce politiche violenteo assassini contro Salman Rushdie, Theo van Gogh, Pim Fortune, Kurt Westergaard (il Danese delle vignette con Maometto), e molti altri. Quale artista, critico o intellettuale non sente un po’ di paura a proposito di Islam quando si tratta di libera espressione? È ora che i cosiddetti intellettuali tornino all’essenziale, giudicando l’Islam in base alla sua dottrina reale, e non facendo analogie che non si reggono in piedi e che non sono altro che affermazioni puerili. Altrimenti noi templari non avremmo ragione di esistere e i nostri fratelli dell’antico Ordine avrebbero combattutto invano esarebbero morti per niente. Ma sappiamo che non è così. Ad Maiorem Dei Gloriam.