(Ida Angela Nicotra di In Terris) – La presenza del crocifisso non lede la libertà di pensiero di chi lavora o vive nelle aule scolastiche, poiché rappresenta “l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo”. Anche se non è obbligatorio esporre la croce nelle scuole. Questa in estrema sintesi è il contenuto della decisione della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, sentenza n. 24414, su una vicenda avviata da un insegnante umbro che durante le sue ore di lezione era solito a rimuovere il crocifisso dalla parete dell’aula.
L’aula di una comunità scolastica può decidere di esporre il Crocifisso, in quanto – prosegue la sentenza – la sua esposizione non costituisce un atto discriminatorio nei confronti di un docente “dissenziente per causa di religione”. Si tratta di una scelta autonoma compiuta dalla scuola, valutando anche la possibilità di accompagnare l’esposizione del Crocifisso “con i simboli di altre confessioni presenti in classe”, nella ricerca di “un ragionevole accomodamento” tra eventuali posizioni differenti, al fine di consentire “la convivenza della pluralità”.
Infatti, l’esposizione del Crocifisso, nella sua fissità e nella sua dimensione statica, che non pretende né osservanza, né obbedienza sarebbe di per sé lesiva del diritto di professare un’altra religione. Ciò in quanto non crea divisioni o contrapposizioni, anzi è segno della partecipazione alle sofferenze dell’umanità. Perciò l’affissione del Crocifisso è inidonea a rappresentare uno strumento di proselitismo, o addirittura un segno di ostentazione da utilizzare per fare propaganda della religione cattolica. La Croce esposta alla parete non implica alcun atto di adesione alla fede. Ogni insegnante rimane libero di manifestare le proprie convinzioni religiose.
In ogni caso, una diversa idea sull’esposizione del Cristo in croce imporrebbe un ripensamento sull’interpretazione del principio di laicità introdotto in Italia. Va compreso, quindi, il significato che esso assume alla luce della cornice costituzionale. Se non si possono nutrire dubbi circa il carattere laico e non confessionale dello Stato italiano, altrettanto non sembra potersi affermare con riferimento al modello di laicità prescelto. In generale, con il termine laicità si definisce un regime di autonomia delle istituzioni statali rispetto alle scelte religiose e conseguentemente la completa indipendenza dello Stato rispetto a eventuali ingerenze da parte del potere spirituale sulle questioni politiche e morali. In sostanza, l’attributo di laicità va modulato in maniera peculiare a seconda dell’ordinamento a cui va riferito. La Costituzione francese, ad esempio, si definisce “laica”, intendendo rappresentare con tale espressione un modello di totale estraneità tra stato e confessioni religiose ed un assoluto disinteresse della sfera pubblica rispetto al fenomeno del trascendente. Fin dal 1905 con la Loi de séparation si è optato per un regime di assoluta neutralità e di recente è fatto divieto agli studenti dell’uso di simboli religiosi durante la permanenza in classe. Diverso è il significato che il termine laicità acquista nella Costituzione italiana. Le norme costituzionali contribuiscono a delineare una connotazione “positiva” del c.d. stato laico. Non può essere trascurata l’influenza che sull’assetto repubblicano ebbe il metodo concordatario per regolare i rapporti tra Stato e Chiesa. Le disposizioni costituzionali in materia di libertà religiosa sembrano fornire la misura dell’atteggiamento favorevole con cui l’ordinamento italiano si pone nei confronti del singolo e delle formazioni sociali che coltivano interessi legati al mondo del trascendente. Il volto autentico della laicità non intende rinnegare il valore che l’aspetto religioso riveste per la società. Dunque, laicità non come indifferenza o marginalizzazione dallo spazio pubblico del fenomeno religioso, ma come garanzia per la tutela della libertà di culto, in un regime di pluralismo confessionale e culturale. La libertà di credo costituisce, dunque, una dimensione dell’esistenza umana e rientra nel catalogo dei diritti inviolabili della persona. Una differente considerazione della presenza del Crocifisso imporrebbe un ripensamento sul tipo di laicità da realizzare. Il Crocifisso non rappresenta soltanto un simbolo di tipo religioso, ma esprime quei valori di solidarietà, dignità umana, libertà ed eguaglianza da ritenersi “patrimonio universale dell’umanità” e un simbolo dell’identità nazionale, del patrimonio storico del popolo italiano e del contributo dato ai valori del costituzionalismo.
Secondo il parere (27 aprile 1988, n. 63/88) del Consiglio di Stato la Croce, a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa.
Anche in un orizzonte laico, il Crocifisso è in grado di raccontare tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, rifiuto di ogni discriminazione che sono propri della civiltà italiana. Questi aspetti, accolti tra i principi fondamentali della Costituzione italiana, connotano quella laicità inclusiva che si pone quale vero e proprio metodo di realizzazione di un pluralismo cooperativo all’insegna del dialogo e della piena valorizzazione della persona. Il Crocifisso appeso nelle scuole esprime i valori civili che delineano una particolarità nazionale dello Stato italiano ed equivale a preservare una tradizione secolare, da attribuire all’evoluzione storica, culturale e territoriale del nostro Paese, come ha riconosciuto anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo.