Città del Vaticano (da Il Corriere della Sera del 5 aprile 2009) – Ora lo sappiamo: i Templari, in effetti, adoravano un “idolo barbuto”. Però non era Bafometto, come volevano gli inquisitori che li processarono per arrivare a sciogliere nel 1314 l’ordine più potente e illustre del medioevo cristiano, il “grande complotto” innescato nel 1307 dal re di Francia Filippo IV il Bello. E non era neanche un idolo. In verità, per quanto senza dubbio fosse barbuto, l’oggetto della loro venerazione era la Sindone, il telo di lino che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù e ne reca impressa l’immagine. Furono i Cavalieri a custodire in gran segreto la Sindone nel secolo e mezzo in cui se ne perdono le tracce, dal saccheggio di Costantinopoli del 1204 alla ricomparsa in Europa a metà del Trecento. Si tratta di argomenti sui quali fioccano le bufale e il 99 per cento di ciò che si racconta, Umberto Eco docet, è spazzatura. Ma qui la fonte è più che affidabile: lo scrive l’Osservatore Romano, anticipando alcune pagine de “I templari e la sindone di Cristo”, il nuovo libro di Barbara Frale che il Mulino pubblicherà entro l’estate. L’autrice è una giovane e serissima ricercatrice dell’Archivio Segreto Vaticano che da anni studia e scrive dei Templari. Attingendo ai documenti del processo, cita tra l’altro la testimonianza della “prova d’ingresso” nel 1287, di “un giovane di buona famiglia del meridione francese” Arnaut Sabbatier: “Il precettore condusse il giovane Arnaut in un luogo chiuso, accessibile ai soli frati del Tempio: qui gli mostrò un lungo telo di lino che portava impressa la figura di un uomo e gli impose di adorarlo baciandogli per tre volte i piedi”. Nel 1978 fu lo storico di Oxford Ian Wilson, ricorda la studiosa, il primo a sostenere la tesi che il misterioso “idolo” barbuto dei Templari fosse in realtà il telo rubato dalla cappella degli imperatori bizantini nel 1204, durante la quarta crociata, e che i Cavalieri l’avessero custodito in segreto. Ora Barbara Frale spiega di aver trovato “molti tasselli mancanti” a sostegno della teoria. Fonti inedite che spiegano anche le ragioni dell’adorazione e della segretezza. “I Templari si procurarono la sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie”, scrive. “I catari e gli altri eretici affermavano che Cristo non aveva vero corpo umano né vero sangue, che non aveva mai sofferto la Passione, non era mai morto, non era risorto”. Che l’avessero trafugata i Templari o fosse stata comprata, la Sindone doveva rimanere celata: sui responsabili del saccheggio pendeva la scomunica di Papa Innocenzo III. Ma era una reliquia potente e ne valeva la pena. L’umanità di Cristo che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare. Questo è qualcosa che per l’uomo del medioevo non aveva prezzo.
Gian Guido Vecchi