da Formiche.net – Beppe Grillo vs Matteo Renzi. Non è da tutti i giorni assistere a una doppia intervista fra due big della politica italiana ed europea come questi. Ian Bremmer, presidente dell’Eurasia Group e analista politico di fama mondiale, ci è riuscito facendo tappa in Italia per godersi qualche giorno di estate romana. Ospiti nel suo programma G-Zero World, i due leader si sono concessi una chiaccherata, rigorosamente separati, per spiegare al vasto pubblico social di Bremmer, prevalentemente americano, dove vogliono (per Renzi è il caso di dire: vorrebbero) traghettare il Paese. Fin dalle prime battute emerge il solo punto in comune: entrambi vorrebbero mettere mano a una delle due camere del Parlamento, ridurla, ridimensionarla, cambiarla dalle fondamenta.
Ma le soluzioni sono molto diverse. Renzi continua a battere il ferro (ormai freddo) del referendum costituzionale perso nel dicembre 2016: “A dispetto del cattivo risultato del referendum rimango convinto della necessità di cambiare le istituzioni. In Italia ci sono due idee opposte. C’è chi pensa che il populismo sia il futuro. Io rimango ottimista e dico di no: il futuro è la politica, e apparterrà alle persone che vogliono cambiare il mondo”. Grillo va meno sul retorico e batte un ferro caldissimo, infilando il coltello in una piaga aperta dalle recenti dichiarazioni di Davide Casaleggio.
“La democrazia è superata” esordisce con nonchalance. “Cos’è la democrazia? Meno del 15% delle persone va a votare, quando prendi il 30% o il 50% alle elezioni prendi comunque il 15% dei voti, oggi la democrazia è diretta da una minoranza”. Poi lancia, anzi rilancia un suo vecchio pallino: “la democrazia sarà rimpiazzata; non so, potremmo far sì che la composizione di una delle due aule del parlamento sia random, basata proporzionalmente su età, sesso, reddito, Nord, Sud, solo così le persone possono essere davvero rappresentate”.
L’ormai ex segretario del Pd crede in un ritorno in campo della sinistra, e sente già le lancette ticchettare per la coalizione di governo. Certo, ammette col sorriso di aver accusato il colpo il 4 marzo: “mi servono due ore, forse due giorni per raccontare quello che è successo” spiega a Bremmer. Però mostra una certa sicurezza e profetizza: “il populismo è un investimento sulla paura del futuro. Per questo non sarà il futuro delle nostre istituzioni”. Poi la stoccata al vero key-player del populismo italiano, Matteo Salvini, di cui Grillo evita di parlare. “Salvini è molto popolare, oggi. Ma il populismo non sarà sempre popolare. Può durare un giorno, un mese, un anno, ma il nostro Paese è diverso dal messaggio di questo governo. È un Paese di migranti, di persone che hanno abbandonato tutto per cercare fortuna negli Stati Uniti”.
Inutile dirlo, Beppe Grillo ha una diversa versione dei fatti. Altro che ritorno, “la sinistra è finita perché non ha una narrativa”, dice. Non che il Movimento da lui creato un giorno non debba finire, anzi: “Il Movimento deve essere biodegradabile. Una volta che i cittadini prendono coscienza e hanno la capacità di prendere la vita nelle loro mani non ha più motivo di esistere”. A differenza di Renzi, che taglia corto e chiude la chiaccherata con il politologo americano, il comico genovese si prende qualche minuto in più per spaziare su temi di politica internazionale. A partire dall’annosa discussione su un referendum per uscire dall’euro o dall’Europa. Ieri il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha rassicurato il Washington Post sull’eventualità di un Piano B prendendo le difese del collega Paolo Savona. Grillo invece rilancia: “Il Movimento ha diverse anime, per questo è un movimento. Anche io e Casaleggio abbiamo idee diverse. Abbiamo proposto un referendum consultivo sull’euro, lasciamo decidere le persone, parliamone per un anno. Non abbiamo un piano B nel caso in cui qualcosa vada male. Sono sicuro che Francia e Germania ne abbiano uno”.
Più che integrazione europea, il fondatore del Movimento scorge all’orizzonte un “ritorno alle Città-Stato”: “oggi la globalizzazione economica fa si che le nazioni e gli Stati non contino più. Il 70% dei beni pubblici in Italia è gestito da multinazionali situate a 2000 chilometri di distanza, puoi cambiare la vita di un Paese nella frazione di un secondo, dall’altra parte del mondo”. Insomma, conclude Grillo con una nota che non piacerà affatto a Matteo Salvini, “stanno scomparendo le nazioni e i confini”. Un ultimo pensiero va agli Stati Uniti. Bremmer non nasconde di voler sapere cosa pensino i pentastellati del Tycoon alla Casa Bianca. “All’inizo mi ha sconvolto, ebbi la percezione che avrebbe vinto dopo aver visto come si confrontava con la stampa globale”. Tolta la simpatia, resta una certa diffidenza assieme a toni che ricordano più il VaffaDay che il Movimento di governo: “Gli americani sono uguali, hanno sempre il dollaro in testa, è come una religione”.