di Antonio Saccà – Le civiltà si inserpentano, strisciano a viluppo, la coda non fa scorgere la testa, poi spunta da sotto groviglio un che riconoscibile ed irriconoscibile, c’è del simile e del contrasto, sembra che tutto si armonizzi in qualcosa di originario che originario non è ma invece originario è, perché in quel modo nessuno aveva dato sistemazione, “forma”. Quanto gli Dèi greci provengono dagli Dèi induisti, egiziani, babilonesi? Assai. E tuttavia sembrano specifici, immacolati, concepiti esclusivamente dai greci. Ed è così pur non essendolo. Ma è così, belli, nostri, definiti, individuati non li ha forgiati nessuno. E dopo tremila anni rimangono sugli altari. Della cultura, se un europeo non è rimasto barbaro. Per taluni, pochi ma eccellenti, di solito, persino nei riti.
La religione greca: Esiodo
Pressoché tutte le religioni si pongono e ritengono di spiegare la formazione dell’Universo, però, almeno fino all’Ebraismo, non supponevano né un Dio unico, né un Dio creatore. Sono dunque, religioni politeiste, credono in molti Dèi anche se concepiscono un Dio prevalente, e non sono creazioniste dal nulla, vale a significare che ammettono un Dio che diede forma alla realtà, specie all’uomo ma non generò dal Nulla. Inoltre, elemento pressoché costante, in tutte le Mitologie gli Dèi lottano tra di loro per il dominio. Il bisogno di darsi una spiegazione dell’Universo per come esso è fatto, e di intendere le forze della natura e i molteplici aspetti della stessa suscitarono le religioni, le mitologie religiose. Quasi tutte le religioni antiche concepiscono la Metamorfosi di Dèi, uomini, cose. Nell’Induismo un dio ha diversità di rappresentazione(avatar), gli uomini diventano animali, gli animali uomini, gli uomini piante, fiumi; lo stesso nel mondo greco. Addirittura anche le stelle, i pianeti, il firmamento possono essere formati da esseri umani alterati, Le Mitologie hanno spesso un dato costitutivo originario in comune: il Buio, il Caos. Solo a fatica si precisano e si spartiscono gli elementi. Gli antichi si ponevano la domanda ancora oggi sovrastante: da che proviene, da chi proviene l’esistenza? La Mitologia Vedica restò nel dubbio: nessuno sa se l’essere viene dal nulla o dall’essere, neanche gli Dèi. I greci non ammisero incertezze, argomentarono in tal modo: l’essere è increato, eterno, giacché, se fosse creato, verrebbe dall’essere, e che senso ha un essere che viene dall’essere? Se viene dal nulla, è impossibile che l’inesistente crei l’esistente, l’inesistente non esiste, quindi non può creare.
Il mondo greco è sottomesso al Fato, gli Dèi partecipano all’esistenza umana, si congiungono con gli uomini, generano con gli umani, in ogni caso uomini e Dèi sono possesso del Fato, e neanche Giove è in grado di spostare una particella di Destino, Tre Mòire (Parche), figlie della Notte imperano: tiene la conocchia, Cloto, tesse la vita, Lachesi, la recide, Atropo, e quanto è stabilito esse pure non riuscirebbero a mutarlo. Ma sono le tre Parche, il Fato o sono le esecutrici del Fato? E “chi” è il Fato? Nella loro appassionata ricerca sull’esistenza, i greci non diedero soluzioni illusionistiche, quel che ignoravano, ignoravano. Curiosamente, nel campo religioso i greci furono più irrisoluti di quanto lo siano stati in campo filosofico. Il Fato esiste, non si sa da chi posto, determina ogni minuscola o grande evenienza, nessun Dio, Giove compreso, nessun uomo, potente che sia può cambiarlo. I Greci preferirono attribuire gli accadimenti al Fato piuttosto che al caso o alla libera volontà degli uomini o degli Dèi. C’è da supporre che in tal modo credessero di risolvere una delle obiezioni più ardue da ignorare e sciogliere: se gli Dèi possono cambiare la nostra sorte, perché non lo fanno? Invece, se neanche gli Dèi possono cambiare la nostra sorte, né gli Dèi né gli uomini sono responsabili di quanto compiono, Il problema dell’esistenza del Male è dissolto. Sopra tutti e sopra tutto, il Fato. Che le Mòire (Parche) siano Figlie della Notte, segna di oscurità i loro compimenti, oscurità e terrore, oscurità e tragicità. La luminosità della civiltà greca sorge dalla coscienza della tragicità dell’esistenza. I greci “inventarono” la tragedia, furono il solo popolo dell’antichità a concepire la tragedia non soltanto come rappresentazione teatrale ma quale condizione della vita. E per questo vollero la luce, la felicità. La sofferenza ha bisogno della gioia.
La Teogonia
Il testo che traccia la formulazione cosmica e religiosa della civiltà greca è il Poema Teogonia di Esiodo. Nel VII secolo, Esiodo, autore anche di altre opere fondamentali per cogliere la società greca dell’epoca e influenti nei tempi a venire, ispirato da miti dell’Oriente e dalle ricorrenti concezioni di forze naturali divinizzate, di lotte cruentissime, di figure immani, di guerre tra figli e padri, dalle formazioni delle sembianze dell’universo, ebbene Esiodo espose una estesissima narrazione di generazioni comprensive di tutto l’esistente, iniziando da una condizione diffusa nell’antichità: che dapprima esisteva Caos, lo Spazio confuso. Da tale situazione proviene la successione di creature creanti sterminata che popola di entità divine o possentissime o significative il mondo nella visione greca, Essenzialmente da considerare che da Caos viene Gaia (la Terra), e da Gaia vengono Tartaro (il Sottoterra), Eros (Amore, colui che anima, la vitalità), Urano (il Cielo). Con Urano Gaia si congiunge, ma Urano si addossa a Gaia con tale pressione da impedire la nascita dei figli, uno solo esce dal ventre materno, Kronos (il Tempo), il quale evira il genitore, lanciandone il membro in mare, dando vita ad Afrodite (Venere). A sua volta Kronos divora i figli, temendo, come il padre di essere spodestato, è una caratteristica delle mitologie, Rea, la consorte di Kronos, dà una pietra avvolta al vorace Kronos, illudendolo di ingoiare un figlio, invece nascosto a Creta. Il figlio nascosto a Creta è Zeus (Giove), cresce in vigore al punto da combattere ed abbattere Kronos e fargli rimettere i figli ingoiati. Spodestandolo, regna, è l’ultimo sovrano, il Dio Olimpico, nessuno lo annienterà anche se forze immani tenteranno, ma Egli ha in pugno il fulmine, incarna gli elementi tempestosi supremi. Zeus (Giove) è un copulatore senza freno, Genera con tutte, e perfino da se stesso, Atena (Minerva), gli proviene dalla testa. Suscita figli continuamente, talvolta esercita il suo potere, se disobbedito, duramente. Così Prometeo, che gli ruba il fuoco e lo concede agli uomini, rendendoli artefici quasi a paragonabili agli Dèi, viene da Gioce punito: divorato del fegato che gli ricresce per essere divorato… Nella “Teogonia” i miti cono innumerabili, la futura civiltà greca li rivisse ed animò, taluni essenziali.
Nell’antichità la donna difficilmente ha buon nome. Iside in Egitto, è la Dea più esemplare, ma altre Dee sono micidiali, come la sumera Ishtar, la babilonese Tiamat. Le donne umane corrispondono al giudizio ostile, ed Esiodo non le risparmia. Il mito di Pandora e di Epimeteo lo attesta. Se Prometeo concede all’uomo il fuoco, la possibilità di lavorare i metalli, il fratello Epimeteo consente a Pandora di aprire il vaso contenente le buone evenienze per l’umanità, le quali volano, lasciando soltanto la Speranza. Per colpa di una donna siamo destinati più che ad ottenere il bene a sperare di ottenerlo. Che la curiosità femminile rovini il cammino dell’uomo, anche nella Bibbia è attestato. Dall’uomo. La Teogonia è una successione di creature limpide e orribili, splendide e mostruose, il doppio aspetto della realtà per un popolo, quello greco, che sentì, visse contemporaneamente, la tragicità e la felicità.
Omero e le divinità olimpiche
È nella Iliade di Omero che Giove e gli Dèi Olimpici vengono narrati. Omero recide ogni passato anticipatore di Zeus. Ormai il Re degli Dèi è Zeus. Egli domina, minaccia, si adira, seduce, non fosse un Dio sarebbe un uomo, in quanto alle passioni. Come Dio è immortale e potente. La sua ira scuote l’Olimpo, un monte della Grecia, considerato vetta somma e sede degna degli Dèi, olimpici anche perché superiori alla condizione umana, luminosi, eterni.
- Apollo. Venere
Il mondo greco in particolare, perfino, soprattutto nei suoi Dèi, esalta quanto la civiltà greca esaltava, la Bellezza. Gli Dèi coltivati ci fanno cogliere quel che il popolo coltivava. Apollo incarna la bellezza ideale maschile, Venere, la bellezza ideale femminile. E non soltanto la bellezza. Per i greci la bellezza era un compendio, un essere bello non poteva essere incapace. La bellezza è armonia di corpo e mente, la bellezza è amore della vita, la bellezza innamora, attrae.
Tutta la mitologia greca o il leggendario mondo greco sono avvinti alla bellezza. Apollo, Adone, Paride, Narciso, Ganimede, per gli uomini, ma diamo soltanto qualche nome, Venere, Elena per le donne, per esemplificare al minimo, costituiscono nella nostra civiltà gli ideali maschili e femminili della bellezza. L’impossibilità di non ammirarla, di non amarla. Se l’Amore vince tutto, la Bellezza è il fondamento della irresistibilità dell’amore. E tuttavia Apollo e Venere non sono fratelli, anzi Apollo ha come sorella una Dea che non gradisce gli uomini, una Dea delle selve, una Dea che si nega il piacere dell’amore con l’uomo, Artemide (Diana). Apollo e Venere l’amore lo vivono, ma, incredibile, non felicemente. Apollo si innamora di Dafne, che lo respinge; Venere ha tra i suoi amori lo sventurato Anchise, che dovette fuggire da Troia vinta, anche se la Dea fu madre del glorioso Enea, Venere amò anche il disgraziato Adone, che Zeus confina nel Regno dei Morti per metà dell’anno in quanto, se amato da Venere, fu anche amato da Persefone nell’oltretomba. E tuttavia, ed è l’essenza della civiltà greca, nessuna disperazione fa smarrire l’amore per la vita ed il culto della bellezza. Apollo è anche il dio dell’arte. - Atena (Minerva), Ares (Marte), Efesto (Vulcano), Dioniso, Eracle (Ercole), Demetra.
Minerva nasce dalla mente di Giove, è la Dea della Sapienza, dell’ulivo, è la Dea di Atene. Tutto ciò che di eletto, saggio, giusto, è concepibile, viene concepito da Minerva. È la Dea del pensiero, è la Dea della Filosofia e non solo per i greci. Guerriera, anche, per i greci il pensiero non è separato dall’agire, assolutamente avvinta alla Grecia, protegge Ulisse. Non vive per l’amore sensuale… In questa personalizzazione dei modi di essere dell’esistenza, anche la guerra ha il suo Dio, Marte, il quale però non rinuncia all’amore, e concupisce Venere, sposa di Vulcano, che li coglie e li avvolge con una rete a grande spasso degli Dèi olimpici. Viene da pensare che questi Dèi greci di divino abbiano ben poco, anzi siano fin troppo umani. Per chi ritiene divino lo “spirito” disincarnato dai sensi, la religione greca è abominevole, “pagana”. Ma la religione greca non intendeva disincarnare gli Dèi, né i greci volevano disincarnarsi: materia e forma, sensi e ragione occupano, costituiscono la civiltà greca, Dèi compresi. La Vita, ecco l’esemplarità degli Dèi greci. Essi “vivono”, sentono, corpo e anima. Il puro spirito non fu presente nella civiltà greca. Anche i pensatori (Platone) che consideravano l’Oltremondo di maggior rilievo del nostro mondo, vantarono la bellezza e la salute…Vulcano è l’artigiano degli Dèi, è il Dio degli artigiani umani. Zoppica, non è bello, tuttavia sposa Venere, di certo non fedele, se mai Dio o Dea lo furono. Dioniso, con Eros, ecco la Grecia colma di vita eccedente. Dioniso-Bacco, il vino, la mente che rompe gli argini, la frenesia dell’eccesso, l’avversione ai limiti, scatenarsi, l’esistenza è una tragedia da annebbiare con l’esaltazione. I greci: la civiltà di Apollo e Dioniso, e di Eros. Ercole (Eracle), non è un Dio, è un semidio. Figlio di Zeus e di Alcmena. Fin dalla puerizia, fortissimo. Da giovane, fortissimo e dissennato, uccide la moglie Megara, uccide i figli. L’oracolo di Delfi lo condanna, dovrà servire il cugino Euristeo. - Euristeo gli impone dodici imprese quali condanne temibili, che però Ercole sorpassa. Sposa Deianira, la quale, ingannata da Nesso, nemico di Ercole, avvelena Ercole con un infame dono di Nesso. Nell’Olimpo Ercole viene reso Dio, è immortale, sposa Ebe. E così il mondo greco ci elargisce anche colui che sa bene operare per il riscatto con la sua micidiale forza.
Demetra, divinità della Natura, le messi, la fioritura, congiunta a Zeus, diviene madre di Persefone, Quest’ultima, è amata dal Dio Ade, sovrano del Regno dei Morti, che la rapisce e la sposa sicché regnano insieme. Demetra è inconsolabile, la cerca, e la stessa Natura patisce il patimento di Demetra. Finché, ottiene, Demetra, che Ade consenta alla madre di riavere la figlia due terzi dell’anno. Il culto di Demetra e di Persefone vigeva nei Misteri Eleusini, culti segreti di Eleusi. Pare che il sostare negli Inferi ed il ritorno sulla Terra significasse il risveglio e l’appassire secondo le stagioni: o l’anima che dalle tenebre va alla luce. Altri Misteri, gli Orfici concepivano l’eclissi ed il risorgere dell’anima mediante processi purificatori.
Dèi, semidei, ninfe, satiri, metamorfosi, culti palesi o iniziatici, riti, feste, sacrifici imperversavano. Il mondo pagano è invaso dal sacro, dalla continua ouscultazione di segni divini, oracoli, interpretazioni, punizioni. Gli Dèi si immettono nella vita umana, esigono culto, puniscono chi li sgradisce. E vi sono divinità che incarnano la Punizione Persecutoria: le Erinni.
Gli Dèi olimpici venivano onorati con immolazione di animali nobili su alteri immacolati, gli Dèi Ctonei, funerei, ricevevano sacrifici di bestie spregevoli il cui sangue anneriva la terra. L’aldilà esisteva, un luogo nero, dove un’ombra di anima rimpiangeva la indimenticabile vita perduta, rimpiangeva il regno dei vivi, della bellezza, della civiltà greca. Su tutto, su tutti, perfino su Giove il Fato dominava, immutabile, e le inesorabili Parche. E sia. Volevano vivere i Greci, sapendo di morire, anzi, sapendo di morire volevano vivere. E tanto hanno vissuto che gli Dèi greci sono tra noi. Del resto, sono immortali. E stanno nel nostro Continente. Gli Dèi greci sono europei!