Roma – Semplice e diretto come un templare, Francesco esorta tutti ad aprire i conventi ai rifugiati, esattamete come i templari aprivano le magioni ai pellegrini che difendevano. Ha raggiunto gli immigrati che sbarcano a Lampedusa e ieri è andato a fare una visita privata, lontano dalle telecamere, ai rifugiati del Centro Astalli dei gesuiti, che nel cuore di Roma accoglie, nutre e aiuta da oltre trent’anni le persone arrivate in Italia fuggendo da guerre, violenze e torture. Da qui ha lanciato un messaggio inequivocabile: “I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare soldi, vanno destinati per i rifugiati”. È arrivato a bordo di una Ford Focus, senza scorta, né seguito, né segretario. Ha salutato molti di coloro che aspettavano come ogni giorno di poter consumare il pasto nella mensa del Centro. Poi è entrato ed è sceso nel locale sotterraneo della mensa, avvicinandosi agli ospiti che stavano mangiando, quindi si è trattenuto con una ventina di rifugiati. Ha ascoltato le loro terribili storie. Quindi, dopo aver salutato tutto il personale e aver sorseggiato anche un po’ di mate, la bevanda di erbe tipica del Sudamerica, Francesco si è spostato nella vicina chiesa del Gesù, dove ha incontrato altre vittime delle guerre e 250 volontari che prestano servizio in quattro centri di accoglienza gestiti dal Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. “Servire – ha spiegato – significa accogliere la persona che arriva, con attenzione; significa chinarsi su chi ha bisogno e tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e con comprensione, come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli apostoli. La parola solidarietà fa paura al mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. È quasi una parolaccia per loro. Ma è la nostra parola”! Ecco un tipico e splendido messaggio templare.