È giunto direttamente ai microfoni di Radio Vaticana l’avallo all’intervento armato in Iraq. È stato il Vescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede all’ufficio Onu di Ginevra, a dichiarare: “L’azione militare forse in questo momento è necessaria. È del tutto evidente che vi sia l’urgenza di difendere anche fisicamente i Cristiani, provvedere all’aiuto umanitario con acqua e cibo, perché i bambini e i vecchi stanno morendo di fame”. Monsignor Tomasi aggiunge: “Coloro che forniscono armi e denaro ai fondamentalisti, nonché i Paesi che tacitamente li appoggiano, vengano allo scoperto e smettano questo tipo di supporto”. Il prelato punta il dito anche contro una certa indifferenza da parte del mondo occidentale, soprattutto dei media, quando si tratta di Cristiani perseguitati”. Facciamo i nomi, perché ISIS (ISlam Iraq Siria), lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, gruppo jihadista attivo in Siria e in Iraq, finanziato da Usa, Ue, Arabia Saudita e Qatar, ha proclamato nel giugno 2014 la nascita dello Stato Islamico con califfo il suo comandante Abu Bakr al-Baghdadi. È nato in funzione anti-Assad. Ciò ha avuto un prevedibile effetto collaterale apparentemente non voluto, ma in verità ben orchestrato per causare la catastrofe ed avere la scusa di intervenire di nuovo in Iraq per sottrarlo all’influenza anti-americana. Purtroppo sarà il solito intervento umanitario che finirà per eliminare i pochi cristiani rimasti. Intanto, si tenta un primo bilancio dell’avanzata degli jihadisti e delle sue conseguenze: decine di migliaia di persone sono state gettate di punto in bianco in mezzo alla strada, per la maggior parte Cristiani, oltre ai membri della minoranza degli Yazidis. Hanno trovato rifugio sui monti di Sinjar, dove tuttavia sono stati e sono tuttora decimati dal caldo soffocante nonché dalla scarsità di acqua e cibo. Almeno 20.000 persone sono riuscite a fuggire sane e salve dalla regione di Ninive in Siria, prima di rientrare in Patria, a Sulaimaniye, nel Kurdistan iracheno, scortate dalle forze curde. Secondo quanto dichiarato dal ministro iracheno Mohammed Shia al-Sudani, gli jihadisti avrebbero assassinato almeno 500 yazidisti. Le vittime, specialmente donne e bambini, sarebbero state seppellite ancora vive nelle fosse comuni attorno alla città conquistata di Sinjar. Si calcola che siano già 300 le donne cristiane ridotte in stato di schiavitù e vendute al suk di Mosul.