Roma – I dati sono da capogiro: secondo gli studiosi, dall’anno 2000 i Carismatici e i Pentecostali, cioè i fedeli alle sette di origine evangelica, stanno aumentando in tutto il mondo al ritmo di circa 19 milioni ogni anno. E il Centro di ricerca Usa “per lo Studio del Cristianesimo globale” dice che nel 2000 i credenti Carismatici-Pentecostali erano già circa 582 milioni. Si prevede che entro il 2025 arriveranno a 800 milioni e che entro il 2050 i Pentecostali potrebbero raggiungere il numero dei credenti Indù nel mondo. Insomma, da movimento essenzialmente nuovo alla fine del XIX secolo, il pentecostalismo è diventato il movimento sociale o religioso col maggior successo del ventesimo secolo. Questi i “numeri” con cui uno dei massimi esperti del fenomeno, Philip Jenkins, della “Baylor University”, è intervenuto a Roma a una conferenza internazionale sui nuovi movimenti religiosi promossa dalla Conferenza Episcopale Tedesca per studiare i modi come affrontare questa “sfida per la Chiesa”. La ricerca presentata da Jenkins ha cercato di capire cosa si nasconde dietro al fenomeno del pentecostalismo il cui successo nel mondo va ricercato anche a partire dal contesto demografico mondiale: a fronte di una popolazione in rapida crescita in regioni del mondo come Africa, Asia e America Latina, l’Europa – demograficamente parlando – è in rapido declino. Questi nuovi movimenti religiosi, inoltre, fanno presa nelle aeree periferiche delle grandi metropoli, abitate soprattutto negli ultimi anni da milioni di immigrati in fuga dalle zone rurali. In queste condizioni non solo di estrema povertà ma anche di “forte senso di estraneità”, questi movimenti offrono accoglienza, supporto, cura spirituale. È un fenomeno facilmente registrabile, ad esempio, nelle favelas brasiliane, e in altre aree povere dell’America Latina. Non si può, insomma, avvicinarsi a questa realtà senza tener conto dell’aspetto fondamentale del dare “rifugio” alle persone. Più ancora, una “famiglia”, dove “i suoi membri si aiutano vicendevolmente per superare le difficoltà della povertà”. Molto forte poi anche è il fattore “miracoli” e “guarigioni” soprattutto in contesti dove la povertà è causa di privazioni, malattie, fame, inquinamento, droga e prostituzione. “In contesti simili – nota Jenkins – è facile capire perché la gente si fa facilmente prendere dall’affermazione di essere sotto l’assedio delle forze demoniache, e che solo l’intervento divino può salvare”. Un fenomeno “non preso in considerazione a sufficienza”, lo definisce il Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. “Questo fenomeno mostra che è in atto un grande cambiamento nel paesaggio ecumenico e che si affacciano nel dialogo nuovi partner”. E sulla possibilità di avviare un dialogo con una “galassia” così complessa, il Cardinale Koch risponde: “Noi possiamo avere un dialogo solo con coloro che esprimono il desiderio di avere un dialogo”, facendo notare come “alcuni gruppi pentecostali si definiscono antiecumenici e anticattolici”.