(Andrea Gagliarducci di Aci Stampa) – Il Cardinale Pietro Parolin sarà questo fine settimana nel Principato di Monaco, per celebrare i 40 anni della Convenzione tra Santa Sede e Principato che mise fine al privilegio del principe di Monaco di nominare il vescovo locale. È il terzo viaggio del Cardinale nelle ultime due settimane, il quarto nell’ultimo mese e mezzo, considerando anche il viaggio in Messico. Nel corso della settimana, il Cardinale Parolin ha incontrato Vincenzo Bassi, presidente della FAFCE; da cui è stato aggiornato sulle iniziative per la famiglia in Europa.
L’arcivescovo Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, ha invece incontrato in questa settimana i suoi omologhi di Andorra ed Estonia. In Sri Lanka, il Cardinale Ranjith chiede ancora luce sugli attentati di Pasqua 2019.
Il Cardinale Parolin nel Principato di Monaco
Proseguono i viaggi del Cardinale Pietro Parolin. Dopo la Germania e Strasburgo, il Cardinale è, tra il 17 e il 19 luglio, nel Principato di Monaco, in occasione dei 40 anni della Convenzione siglata tra la Sana Sede e il Principato di Monaco.
L’accordo, siglato il 25 luglio 1981, andava a modificare la bolla Quemadomodum sollicitus del 15 marzo 1886. Con il nuovo accordo, i principi di Monaco rinunciavano al loro diritto di nominare il vescovo di Monaco, scelta lasciata completamente alla Santa Sede. Sulle basi dell’accordo, la Santa Sede comunica in via confidenziale il nome della persona scelta a Sua Altezza Reale il Principe di Monaco, in modo che questi sia informato in caso ci siano obiezione di natura civile e politica riguardo la persona designata. In cambio della rinuncia ai diritti di nomina, la Santa Sede elevava il Principato di Monaco alla dignità di arcidiocesi.
Il 17 luglio, il Cardinale Parolin avrà celebrazioni ufficiali con il Principe Alberto di Monaco e le autorità Statali. Il 18 luglio, il Cardinale celebrerà una solenne messa pontificale nella cattedrale di Monaco alle 10.30 del mattino, mentre alle 16 incontrerà sacerdoti e fedeli della diocesi, con i quali celebrerà poi i Vespri.
Il prossimo anno, si celebreranno anche i 40 anni dall’elevazione della Legazione di Monaco al rango di ambasciata, nel quadro delle relazioni specifiche che uniscono la Santa Sede e il Principato. Nel 2006, il Principe Alberto ricevette le credenziali del primo nunzio apostolico presso il Principato.
Il Cardinale Parolin incontra il presidente della FAFCE
Vincenzo Bassi, presidente della Federazione delle Associazioni Familiari Cattoliche in Europa (FAFCE), ha incontrato il 15 luglio il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano. Durante il colloquio, durato circa un’ora, il presidente Bassi ha informato il Cardinale Parolin di alcune novità della federazione, tra i quali la sigla di un memorandum di intesa con il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee che ha l’obiettivo di mettere in evidenza il ruolo delle associazioni familiari nella nuova evangelizzazione.
Il Cardinale Parolin ha incoraggiato la FAFCE a continuare nel suo impegno, specialmente nel contesto dell’attuale inverno demografico.
La FAFCE ha dal 2001 uno statuto partecipativo al Consiglio d’Europa, e dal 2009 si è stabilita con un ufficio a Bruxelles. Unica organizzazione internazionale familiare espressamente cattolica, la FAFCE è attiva su moltissimi fronti, cercando di portare la proposta cristiana anche in tematiche difficili. A questo proposito, è bene notare che la FAFCE è stata tra le primissime organizzazioni a lanciare l’allarme sul Rapporto Matic che, recentemente adottato dal Parlamento Europeo, definisce l’aborto come un diritto umano. A ridosso dell’approvazione e anche dopo, in molti hanno tardivamente preso una posizione.
Riforme, bioetica, processi: il Cardinale Parolin a tutto campo a La Croix
A seguito del suo viaggio a Strasburgo, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha concesso una intervista esclusiva al quotidiano cattolico francese La Croix. Tra i temi dell’intervista, le relazioni tra Francia e Santa Sede e le riforme della Curia Romana, ma anche la questione degli abusi sessuali e il dibattito bioetico.
La questione bioetica è particolarmente calda in Francia, dove la nuova legge bioetica è stata adottata nonostante il rifiuto del Senato di discuterla e la profonda divisione nella società sui temi, cui ha dato voce, con diversi pronunciamenti, la Conferenza Episcopale Francese. Per il Cardinale Parolin, “è importante che i cattolici facciano sentire la loro voce, con argomenti basati sulla loro fede, anche in questi dibattiti così sensibili. Anche se la legge è stata già adottata, perché i cattolici lo fanno in nome della difesa della dignità e del valore di ogni vita umana”.
I vescovi francesi hanno anche stabilito una Commissione Indipendente sugli Abusi Sessuali nella Chiesa Cattolica, che presto renderà noti i risultati della sue indagini. Il Cardinale Parolin ammette che quello “sarà probabilmente un grande momento di sofferenza”, ma che “non dobbiamo avere paura della verità”. Vero, “molti cattolici saranno rattristati e scandalizzati da ciò che leggeranno”, ma “dobbiamo andare avanti questo processo. Da ciò può venire una nuova consapevolezza per combattere contro questi fenomeni e prevenire la ripetizione di questi atti”.
Parlando delle relazioni tra Francia e Santa Sede, il Cardinale Parolin le ha definite “positive” con “frequenti contatti a vari livelli”, dato che i due Stati condividono “preoccupazioni comuni, come l’ecologia, che è diventata un tema centrale dell’attività internazionale della Santa Sede, così come la gestione della pandemia”. Tra i temi in cui si registra differenza di vedute, la questione del disarmo o quella del nucleare.
La secolarizzazione, secondo il Cardinale Parolin, è un altro tema “particolarmente sensibile in Francia”, dato che “il secolarismo francese ha caratteristiche che non possono essere trovate in nessun altro posto”, provenienti “in particolare dalla Rivoluzione Francese, ma anche ai vari passi che hanno portato alla separazione di Stato e Chiesa, e a volte a un forte rifiuto della religione”. Episodi – ha aggiunto – che “hanno lasciato il segno e contribuito alla marginalizzazione della dimensione religiosa nella vita sociale”.
Secondo il Cardinale Parolin, Chiesa e Stato sono chiamati ad essere autonomi e in “sana collaborazione tra loro”, con l’obiettivo di “contribuire al bene comune”.
Come membro del Consiglio dei Cardinali, il Segretario di Stato vaticano ha notato che molte riforme sono state fate fino ad ora, che la nuova costituzione apostolica Praedicate Evangelium è ormai pronta e alle ultime messe a punto legali, che si deve evitare di oscurare l’immagine della Chiesa.
Per quanto riguarda il prossimo processo sull’investimento della Segreteria di Stato in un immobile di lusso a Londra, il Cardinale dice di sperare in una “verità giudiziaria”, perché “la verità è conosciuta dal Signore”. Tutto sommato, il processo non può comunque essere considerato un “punto di svolta”.
L’arcivescovo Gallagher incontra il ministro degli Esteri estone
Lo scorso 13 luglio, Eva-Maria Liimets, ministro degli Esteri di Estonia, ha incontrato l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i rapporti con gli Stati, nell’ambito di un viaggio di due giorni che la ha portata anche in Italia per inaugurare la nuova sede dell’ambasciata estone e per celebrare i cento anni di relazioni diplomatiche tra Italia ed Estonia.
Liimets ha dichiarato: “Questo ottobre, Estonia e la Santa Sede celebreranno i cento anni di relazioni diplomatiche. Sono lieta di notare che l’arcivescovo Gallagher conosce bene la vita in Estonia. Abbiamo scambiato vedute su degli affari generali, e gli ho affermato l’ambizione estone di contribuire attivamente alla pace globale e alla sicurezza come membro eletto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.
In un tweet diffuso poco dopo la visita, Liimets ha invece ribadito l’impegno di Santa Sede ed Estonia nel “rafforzare le relazioni bilaterali e nel celebrare i 100 anni di relazioni diplomatiche”, e affermato che si è discusso di “diritti umani, migrazione, temi globali e regionali”.
I 100 anni di relazioni diplomatiche tra Estonia e Santa Sede saranno celebrati il prossimo anno. Fu nel 1922, con l’indipedenza dei Paesi Baltici, che la Santa Sede eresse la delegazione apostolica di Lettonia, Lituania ed Estonia. Primo delegato apostolico fu il gesuita Antonino Zecchini. Nel 1933, fu invece eretta la nunziatura apostolica di Estonia, con il breve Cum in Repubblica Estoniensi di Pio XI. La sede del nunzio era la città di Tallinn. Le relazioni diplomatiche si interruppero con l’occupazione sovietica del Paese, e sono riprese il 3 ottobre 1991, quando l’Estonia riottenne l’indipendenza. Quest’anno si festeggia, dunque, il trentesimo anniversario del ripristino delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede ed Estonia. Questa è la più antica amministrazione apostolica del mondo. Papa Francesco la ha visitata nel settembre 2018.
Il ministro degli Esteri di Andorra in visita in Vaticano
Il 12 luglio, Maria Ubach, ministro degli Esteri del Principato di Andorra, ha incontrato l’arcivescovo Paul Richard Gallagher in Vaticano. Santa Sede e Andorra hanno celebrato nel 2020 i 25 anni di relazioni diplomatiche. Il nunzio ad Andorra ha sede a Madrid, ed è principalmente accreditato presso la Spagna.
L’arcivescovo Gallagher e il ministro Ubach, in un incontro cui ha partecipato anche l’ambasciatore di Andorra presso la Santa Sede Carles Alvarez Marfany, hanno cominciato ad esplorare la possibilità di organizzare un evento culturale congiunto sulle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Altri temi di discussione sono stati il rafforzamento della cooperazione nella lotta al cambiamento climatico, da portare avanti insieme ad altri piccoli Stati.
Ubach era a Roma per una serie di incontri istituzionali. Nel corso delle giornate è stata anche al Ministero degli Esteri italiano e alla FAO.
Papa Francesco tra Scozia e Grecia
Ancora non c’è niente di confermato, ma sembra che siano già in atto dei sopralluoghi per preparare i prossimi viaggi del Papa, in Scozia e in Grecia. Il viaggio in Scozia sarà di un giorno, organizzato solo per partecipare al COP26. Il viaggio in Grecia, previsto a novembre, sarà più lungo. Il Papa ci andrebbe su invito della presidente Ekaterina Sakellaropoulou.
Il Cardinale Ranjith chiede ancora verità sulle stragi di Pasqua
Il Cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, è tornato a chiedere verità al governo sugli attentati di Pasqua del 2019, che hanno colpito chiese ed alberghi causando 269 morti e circa 500 feriti.
In una conferenza stampa, il Cardinale ha dichiarato che ha inviato una lettera al presidente di Sri Lanka Gotabaya Rajapaksa, firmata anche da alcuni altri vescovi e dai sacerdoti del Comitato nazionale cattolico per la giustizia per le vittime degli attacchi di Pasqua, lamentando gravi lacune nelle indagini.
Scrive il Cardinale Ranjith: “Se verità e giustizia non verranno assicurate dal governo in maniera soddisfacente e la questione continuerà ad essere trattata con superficialità, saremo costretti a mobilitarci per ottenere questo risultato con altri mezzi”.
Nella lettera, ha spiegato il Cardinale, elenchiamo i fatti delle indagini che sono in corso e ciò che ancora attende di essere affrontato. Gli attentati di Pasqua sono stati un grave attacco alla gente, la sicurezza è stata minacciata, l’economia è crollata. Di fronte a tutto questo ci attendiamo un’attività investigativa più solerte”.
Il Cardinale Ranjith ha chiesto al governo “di non nascondere le indagini sotto il tappeto, pensando che basti portare qualche singola persona in tribunale”, anche perché l’ex procuratore generale ha parlato della presenza di “un grande complotto dietro gli attentati”.
Conclude l’arcivescovo di Colombo: “Se il governo o qualche altra istituzione pensa che alla gente basti veder portare 20 o 30 persone a giudizio senza un’indagine adeguata si sbagliano di grosso. Noi non fermeremo la nostra battaglia per la giustizia”.
Uzbekistan, i missionari trovano positiva la nuova legge sulla libertà di coscienza
Lo scorso 7 luglio è stata approvata in Uzbekistan la “Legge sulla libertà di coscienza e le associazioni religiose”. Parlando con l’agenzia di Propaganda Fide Fides, padre Jerzy Maculewic, amministratore apostolico di Uzbekistan, e padre Ariel Alvarez Toncovich, parroco di Samarcanda, hanno lodato la nuova legge.
È una legge, hanno spiegato che “pone l’accento sulla libertà di coscienza”, differenzia tra “missione e proselitismo” specificando che “ad essere vietato è l’esercitare pressione sugli individui perché cambino religione”, e non proibisce ai bambini dii frequentare organizzazioni religiose.
Ci sono anche semplificazioni burocratiche. Per esempio, per registrare una parrocchia servivano cento firme di persone che si dichiaravano interessate a frequentarla, ora ne bastano cinquanta senza il consenso della popolazione limitrofa alla parrocchia.
Dal 2016, dopo la morte dell’autoritario presidente Islom Karimov, l’Uzbekistan ha intrapreso un lento percorso di apertura, riassunto nella “Strategia 2017-2021”, che vede tra i “settori prioritari” di intervento anche “l’armonia interetnica e la tolleranza religiosa”.
La legge è stata redatta dopo aver sentito pareri di tutti i leader religiosi presenti in Uzbekistan, nazione multireligiosa da secoli: gli Ebrei dicono di essere arrivati lì circa 2000 anni fa, e la sinagoga più antica è a Buhara, ed ha almeno 600 anni. I musulmani giunsero in Uzbekistan nell’VIII secolo e fino al XIII secolo ci fu una forte comunità di cattolici nestoriani.
Secondo dati forniti dal Parlamento uzbeko, “oggi sul territorio della Repubblica ci sono 2.277 organizzazioni di 16 diverse confessioni religiose”. Di queste, 2094 sono comunità islamiche, che hanno base in 2067 moschee; 166 organizzazioni religiose cristiane, 8 comunità ebraiche, 6 comunità bahà’í, una società Hare Krishna, un tempio buddista. Vi è, inoltre, la Società Biblica Interconfessionale dell’Uzbekistan. La comunità cattolica uzbeka è di circa 3.000 battezzati, conta, in tutto il paese, 5 parrocchie: ai circa 700 fedeli di Tashkent, se ne aggiungono altri presenti tra Samarcanda, Bukhara, Urgench e Fergana. Ad Angren, dove si progetta di costruire una nuova chiesa, ci sono 25 fedeli.
Libano, il nunzio ricevuto dal presidente chiede dialogo
Ricevuto lo scorso 14 luglio dal presidente Michel Aoun, l’arcivescovo Joseph Spiteri, nunzio apostolico in Libano, ha sottolineato che ci vuole dialogo perché “senza governo non possono esserci soluzioni reali”. In questa settimana, il premier designato Saad Hariri, dopo mesi, ha rinunciato a formare il governo. Da due anni in crisi politico economica, il Libano si ritrova così a cominciare tutto daccapo.
L’arcivescovo Spiteri e Aoun hanno discusso di vari argomenti, con un particolare focus sulla preghiera per il Libano che Papa Francesco ha voluto lo scorso 1 luglio nei Giardini Vaticani. Il nunzio ha espresso al presidente Aoun l’auspicio del Papa “di vedere la rapida formazione di un nuovo governo in Libano”, ricordando che la Santa Sede aveva chiesto, in questo giorno, “perdono per le occasioni perdute e per quello che avrebbe dovuto essere fatto ma non fatto”.
Il Libano è senza governo dal 2020, da quando l’amministrazione di Hassane Diab si è dimesso a seguito dell’esplosione dal porto di Beirut.
Armenia, la risposta della Chiesa Apostolica Armena alle rivendicazioni musulmane
Il 13 luglio, l’archimandrita Shahe Ananyan, direttore della relazioni tra le Chiese nella Santa Sede di Etchmiadzin, ha definito come “falso” l’annuncio del Gran Muftì di Azerbaijan Allahshukur Pashazadeh, di un possibile incontro tra il Catholicos Karekin II, lui steso come presidente del Consiglio dei Musulmani del Caucaso e il Patriarca Kirill di Mosca.
Ananyan ha detto che le dichiarazioni sono “tipiche dello stile di Pashazadeh di interpretare fatti secondo i loro interessi e percezioni. Evitando di pensare dell’occupazione dell’Artaskh (il Nagorno Karabakh), che ha lasciato migliaia di famiglie senza un tetto, nonché alla sconsacrazione e distruzione dei valori religiosi culturali nella diocesi di Artsakh, Pashazadeh si è riferito ancora una volta alla cosiddetta Aghvan-.Udi Church (Caucasica-Albanese) e alla sua falsa agenda religiosa culturale”.
Sì, dice Ananyan, c’è “un formato ufficiale di incontri trilaterali tra il Catholicos, il Presidente del Consiglio dei Musulmani del Caucaso, e il Pariarca Kirill”. Dopo la guerra dei 44 giorni, il Catholicos Karekin II ha mandato una lettera ufficiale al Pariarca Kirill chiedendo la sua mediazione con il presidente azero Ilhan Aliyev per discutetre il tema del ritorno dei prigionieri di guerra e la preservazione della nosra eredità storico culturale”.
Per questo, l’annuncio di Pashazadeh di volersi incontrare sotto gli auspici ONU è “frutto di frainetndimento”.
Il tema dei prigionieri di guerra è stato anche affrontato da Aram I, Catholicos di Cilicia, durante il suo incontro faccia a faccia con il Papa lo scorso 1 luglio. Il messaggio del Catholicos Aram sottolinea che “in una conversazione separata con il Papa, sono state toccate le conseguenze della recente guerra in Artsakh e in particolare il tema dei prigionieri armeni tenuti in cattività in Azerbajan.