da www.ilfoglio.it – Lo scandaletto, che a Napoli è uno scandalone, dell’artigiano di San Gregorio Armeno che ha esposto Hitler in vetrina fra le statuette per il presepe può essere utile a un discorso di più ampio raggio, che oltrepassi la diatriba partitica sulla memoria nonché il dibattito sul presepe come simbolo identitario e perfino l’annuncio di Alessandra Mussolini, che il Führer no ma correrebbe a Napoli a comprare la statuetta del nonno.
Sceverata da tutto ciò, la questione è: il male deve avere spazio nel presepe? Ovvero, Gesù è nato per mostrarsi solo ai buoni o anche ai cattivi?
In favore della seconda ipotesi pare propendere la metafora evangelica del medico, che non cura i sani ma gli ammalati; pertanto attorno alla grotta dovrebbero a maggior ragione affollarsi i dittatori e i criminali e i fetentoni, poiché più degli altri hanno bisogno di luce o almeno di pace. A favore della prima ipotesi milita invece il dato di fatto che il Cristianesimo impone una selezione, una separazione delle pecore dai capri, pertanto non è che proprio tutti tutti possano salvarsi come se niente fosse; pro vobis et pro multis, diceva la Messa in un inciso caustico quanto sottovalutato.
E dunque, per risolvere l’impasse teologica, bisogna piuttosto rifarsi alla testimonianza diretta dell’artigiano. Questi ha raccontato di avere eseguito Hitler su commissione di un cliente che voleva fare un regalo (bel regalo); di averlo fabbricato senza pensarci perché è un lavoro come un altro; di ricevere sovente committenze di chi vuole la statuina del capufficio, chi del calciatore preferito, chi della fidanzata. Ecco scoperto quindi dove si annida il male nel presepe: non nel braccio teso di Hitler in alta uniforme bensì nel desiderio di guadagno a ogni costo e nella cieca pretesa d’imporre le proprie voglie. Che son poi i motivi per cui Gesù sarebbe venuto a salvarci, se collaboriamo.