La pandemia di Covid-19 ha evidenziato una volta di più che quasi tutte le teorie complottiste considerano la comunità ebraica responsabile dei mali di questo mondo. All’origine ci sono menzogne risalenti all’Europa medievale.
Sono pochissime le storie raccapriccianti che hanno avuto lo stesso successo di quella che vede la comunità ebraica alla testa di una cospirazione planetaria. Racconti tutt’oggi diffusi e presenti più che mai nelle chat di tutto il mondo: all’origine di ogni problema – così si narra – ci sono ebrei con una grande abilità nel gestire il denaro.
Versioni più radicali dipingono gli ebrei come mostri animaleschi, all’immagine dell’opera presentata recentemente alla documenta di Kassel, in Germania, una delle più importanti manifestazioni internazionali di arte contemporanea. Negli due ultimi anni, in rete è circolata anche la teoria secondo cui all’origine della pandemia di Covid-19 ci sono persone di religione ebraica.
I racconti che hanno alimentato l’odio verso gli ebrei nell’ultimo millennio sono nati nell’Europa dell’Alto Medioevo. Hanno portato alla persecuzione e allo sterminio di moltissime persone, anche in Svizzera.
L’esclusione degli ebrei
All’inizio, il cristianesimo è una piccola setta del giudaismo. La differenziazione è quindi di fondamentale importanza e le tensioni tra i due gruppi sono inevitabili. Subito dopo l’affermazione del cristianesimo in Europa, il popolo ebraico è accusato di essere responsabile della morte di Gesù. Gli ebrei vengono marginalizzati e demonizzati. Tuttavia, ci vorranno più di mille anni prima che l’odio e la violenza nei confronti degli ebrei diventi una realtà quotidiana in Europa.
La situazione cambia con le prime crociate intorno all’anno 1100: orde di fanatici religiosi di tutte le classi sociali, spinti da un desiderio di redenzione, si mettono in moto per uccidere le popolazioni pagane in Oriente e liberare la sacra Gerusalemme. Ai loro occhi, è logico combattere i nemici di Cristo già in patria: gli ebrei sono tormentati e devono scegliere se venire battezzati o morire.
Le persecuzioni durante le crociate rendono la comunità ebraica più vulnerabile. Molte professioni sono vietate agli ebrei, i quali non possono nemmeno fare parte di corporazioni. Le autorità medievali spingono così gli ebrei verso le attività creditizie, proscritte ai cristiani. Alla fine dell’XI secolo, il Papa permette esplicitamente agli ebrei di chiedere degli interessi, mentre per i cristiani questo era considerato un peccato. Un regalo avvelenato.
Nel XIII secolo, l’esclusione degli ebrei diventa un dogma ecclesiastico. Nel 1213, Papa Innocenzo III, un ambizioso esperto di diritto canonico, convoca il Concilio Lateranense IV. Circa 1.500 emissari provenienti da tutte le province si recano a Roma per discutere per mesi le questioni centrali della Chiesa cattolica. Ad esempio, la necessità delle crociate e il modo di trattare i gruppi eretici quali i Valdesi.
Diverse discussioni concernono la vita della comunità ebraica, direttamente e indirettamente. Il concilio decide in particolare di obbligare gli ebrei a indossare dei segni di riconoscimento nella vita di tutti i giorni per distinguersi dai cristiani, stigmatizzandoli così alla stregua di altri gruppi emarginati dell’epoca: prostitute, mendicanti e lebbrosi.
Inoltre, il clero condanna ancor più fermamente la riscossione di interessi, ben sapendo che tale pratica era stata esplicitamente consentita agli ebrei e solo pochi decenni prima (nella raffigurazione in alto del presunto omicidio rituale del giovane Rodolfo a Berna nella cronaca illustrata svizzera di Diebold Schilling, gli ebrei sono facilmente riconoscibili per i copricapo a punta che erano obbligati a indossare all’epoca).
La menzogna dell’omicidio rituale
Per molto tempo, gli interessi economici delle persone debitrici degli ebrei sono poco evocati, mentre le sofferenze inflitte agli ebrei sono ampiamente spiegate e giustificate con motivi religiosi. Al Concilio Lateranense IV, le discussioni sul rituale della messa hanno conseguenze indirette per la comunità ebraica: l’ostia che rappresenta il corpo di Gesù e il vino servito durante la messa entrano nell’ortodossia cattolica. Questo significa che la Passione del Cristo svolge un ruolo sempre più centrale in seno alla Chiesa.
Sulla scia di questi cambiamenti, nell’XI secolo si sviluppa la teoria cospirativa secondo cui gli ebrei sacrificherebbero dei bambini cristiani. La leggenda si diffonde prima in Inghilterra, poi in Francia. Nel 1294, il giovane Rodolfo è ritrovato morto a Berna. La sua morte è immediatamente imputata alla comunità ebraica locale. Sebbene le autorità non credano alla teoria dell’omicidio rituale, tutti gli ebrei sono espulsi dalla città. Rodolfo di Berna viene considerato un martire: fino alla Riforma, le sue ossa sono conservate nell’altare della cattedrale di Berna, prima di essere trasferite in una tomba su cui è annotato che il giovane è stato ucciso da ebrei. L’intera vicenda è stata rimessa in discussione soltanto nel XIX secolo, dal vescovo di Basilea.
Ancora oggi, l’espulsione degli ebrei nel 1294 continua a perseguitare la città di Berna. Si discute infatti se l’iconica “Kinderfresserbrunnen” (la fontana del mangiatore di bambini) sia un riferimento all’omicidio di Rodolfo e alla persecuzione della popolazione ebraica. L’orco che si nutre di bambini (immagine a destra) indossa infatti un vistoso copricapo che secondo le voci critiche ricorda il cappello giallo a punta che gli ebrei dovevano indossare come segno distintivo nel XIII secolo.
All’inizio della teoria del sacrificio rituale, la sofferenza dei bambini è paragonata alla Passione del Cristo. Si afferma che gli ebrei riproducono il loro peccato inchiodando sulla croce dei giovani cristiani. Col diffondersi della leggenda in Europa, la presunta follia omicida degli ebrei è sempre più attribuita alla loro sete di sangue. Gli ebrei hanno bisogno del sangue per preparare la matzah – il pane azzimo consumato durante la Pasqua ebraica – o per altri riti segreti.