Roma (Elena Ribet di Nev.it) – Stanno per iniziare i due appuntamenti che vedono insieme i leader mondiali della politica e dell’economia. I temi affrontati saranno: sviluppo globale, pandemia, cambiamento climatico, sviluppo sostenibile. Stiamo parlando del vertice dei Paesi appartenenti al G20 (Roma, 30-31 ottobre) e della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici delle Parti sul clima, anche nota come COP26 (Glasgow, 31 ottobre-12 novembre).
Le emissioni di gas serra, dicono gli scienziati, aumentano insieme al PIL. “La causa principale dell’emergenza climatica è l’attuale modello di sviluppo e l’ideologia che si basa su crescita economica e combustibili fossili. Mentre alcune economie sono diventate più ricche, il clima e le comunità in prima linea hanno pagato un prezzo pesante. A meno che non si cambi radicalmente l’attuale modello economico, gli obiettivi dell’Accordo di Parigi non saranno raggiunti e la crisi climatica non sarà evitata”. Queste sono le parole che diversi organismi religiosi, in rappresentanza di mezzo miliardo di cristiani in oltre 100 paesi del mondo, hanno rivolto al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghie ai leader del G20 che stanno raggiungendo Roma. Si tratta del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), della Comunione mondiale di chiese riformate (CMCR/WCRC), della Federazione luterana mondiale (FLM), del Consiglio metodista mondiale e del Consiglio mondiale per la missione.
Ridistribuire le risorse
Le chiese, in una lettera-appello, denunciano gli impatti climatici devastanti: “Oggi l’umanità è a un punto di svolta. L’emergenza climatica richiede profonde trasformazioni verso economie a zero emissioni entro la metà del secolo, in un quadro di giustizia e solidarietà. E questi cambiamenti devono avvenire in una finestra di opportunità che si sta rapidamente chiudendo”. Nella lettera si chiedono “politiche economiche coraggiose che tengano conto dei rischi e dei costi sociali ed ecologici. Politiche che promuovano la ridistribuzione delle risorse, per dare spazio ai paesi a basso e medio reddito. Per combattere la povertà aggravata dalla pandemia COVID-19 e per rispondere alla sfida esistenziale del cambiamento climatico”.
Cancellare il debito e proteggere il clima
Scrivono ancora le organizzazioni religiose: “Mentre vi riunite a Roma dal 30 al 31 ottobre 2021, in vista della conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Glasgow per deliberare sul tema ‘Persone, Pianeta e Prosperità’, vi chiediamo di considerare le seguenti proposte a sostegno degli impegni per ridurre le emissioni di gas serra in linea con la scienza e gli obiettivi di Parigi”. In particolare, le chiese chiedono di sostituire la crescita economica, in particolare il PIL, con indicatori che valutino l’intera condizione umana economica, sociale ed ecologica. Ad esempio: benessere, lavoro dignitoso, salute e sostenibilità. Occorre inoltre “Liberare i paesi, specialmente quelli in prima linea negli effetti del cambiamento climatico, dai loro onerosi e storici debiti esterni”. La cancellazione del debito deve andare di pari passo con l’aumento delle tasse progressive sul carbonio e sull’inquinamento a vari livelli. Bisogna quindi “investire nella protezione del clima e nel ripristino degli ecosistemi su cui si fondano tutte le nostre economie. In particolare, nell’agro-ecologia, nella riforestazione e nell’energia rinnovabile”.
Investire anche solo l’1,2% del PIL globale per il clima “potrebbe fare la differenza nel mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5°C”, chiedono ancora i firmatari, e concludono: “Bisogna porre immediatamente fine ai sussidi governativi alle industrie di combustibili fossili e incentivare una transizione rapida e giusta verso energie pulite e rinnovabili”.
Il disinvestimento dai combustibili fossili
Sulla stessa linea, 72 istituzioni religiose, tra cui 37 del Regno Unito, hanno annunciato il più grande disinvestimento dai combustibili fossili di sempre, proprio alla vigilia della COP26.
L’annuncio congiunto del disinvestimento globale proviene da istituzioni religiose con oltre 3,1 miliardi di sterline (4,2 miliardi di dollari) di asset combinati in Australia, Irlanda, Italia, Kenya, Nepal, Perù, Ucraina, Regno Unito, Stati Uniti e Zambia. L’annuncio riunisce cattolici, metodisti, buddisti e altri.
Molte chiese stanno disinvestendo dalle società di combustibili fossili, tra cui la Chiesa di Scozia, la Chiesa del Galles e la Baptist Union, in un movimento descritto come “esponenziale”. Il movimento per il disinvestimento dei combustibili fossili, secondo un nuovo rapporto, coinvolge infatti oltre 1.485 istituzioni, con un patrimonio complessivo di 39 trilioni di dollari. E il mese scorso, diversi vescovi anglicani hanno chiesto l’immediato arresto delle esplorazioni di gas e petrolio in Africa, denunciando la “nuova era di colonialismo economico da parte delle compagnie di combustibili fossili”.
A poche ore dalla COP26 e dal G20, molte chiese e comunità del Regno Unito e della Scozia continuano la loro mobilitazione per il clima e per la giustizia sociale ed economica. Fra queste, la Iona Community, una comunità ecumenica che si ispira al cristianesimo alto medievale delle isole britanniche. Impegnata in attività sociali e solidali, Iona opera in diverse città all’insegna di una spiritualità in armonia con la natura, per la pace e la giustizia sociale.
L’impegno delle chiese italiane
In Italia, la Federazione delle chiese evangeliche (FCEI), attraverso la sua Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM), da tempo è impegnata sulle questioni ambientali. Fra le iniziative e i progetti, quello delle eco-comunità. Si tratta di una rete, in continua crescita, che divulga e pratica scelte etiche e sostenibili nelle chiese e in altri contesti. La GLAM collabora, infine, con la campagna metodista mondiale Climate Justice For All (CJ4A), attualmente a Glasgow con la sua delegazione di giovani.
Le eco-comunità
Esistono “eco-comunità avviate”, “in cammino” e “diplomate”, sulla base dell’adesione a una certa soglia di 40 criteri ambientali che riguardano il culto e altri momenti liturgici, lavori di manutenzione mirati al risparmio energetico, eliminazione della plastica, educazione, attuazione di comportamenti virtuosi nell’amministrazione, negli acquisti, negli usi dell’energia, della mobilità e nella gestione dei rifiuti, fino alla verifica dell’eticità delle banche sulle quali insistono i conti correnti delle chiese. Le eco-comunità in Italia che hanno richiesto il diploma della GLAM sono alcune decine, su un bacino di oltre cento simpatizzanti.