Il terrorista tunisino Moez Fezzani, 46 anni, conosciuto come Abu Nassim e considerato tra i reclutatori dell’Isis in Italia, è stato arrestato in Sudan. Lo si apprende in ambienti dell’antiterrorismo. Avrebbe fatto parte, tra il ’97 e il 2001, di una cellula del «Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento» con base a Milano che reclutava uomini da inviare nei Paesi in guerra. Nel 2014 è stato condannato definitivamente a 6 anni a Milano per associazione per delinquere con finalità di terrorismo.
La sua storia è un’incredibile sequela di processi, fughe, latitanze e combattimenti. Finito inizialmente nell’inchiesta milanese, era stato condannato in contumacia. Nel ’97 aveva infatti lasciato l’appartamento in via Paravia 84 a Milano, considerato un covo di reclutatori di al Qaeda, per finire in Pakistan, dov’era stato arrestato con documenti falsi mentre, sostiene l’Antiterrorismo italiano, era in attesa di due afghani per entrare in un centro di addestramento in Afghanistan.
Nel 2007 era finito in un’altra inchiesta per terrorismo internazionale sempre condotta da Milano. Ma di lui si erano perse le tracce per anni. Era stato rintracciato nel 2009 quando, si era scoperto, era detenuto a Guantanamo dopo aver passato i precedenti sette anni nel carcere americano di Bagram in Pakistan.
Fatto rientrare in Italia con un accordo tra Italia e Usa, era stato processato. Ma nel 2012 viene assolto dalle accuse della seconda inchiesta. Espulso in Tunisia perché considerato pericoloso, è di nuovo in fuga. Nel frattempo viene condannato in via definitiva a 5 anni e 8 mesi per la prima inchiesta.
Poco dopo alcune carte trovate a Sirte in un covo dell’Isis lo danno come reclutatore in Lombardia e uno dei capi dello Stato Islamico in Libia dove gestisce campi di addestramento dei mujaheddin. Nell’estate del 2013 raggiunge la Siria per poi rientrare nuovamente in Libia per l’organizzazione degli attentati al Museo del Bardo e all’Hotel Imperia di Sousse.
Qualche mese fa la notizia della sua cattura in Libia viene in seguito smentita dall’Antiterrorismo. Ora la nuova notizia dell’arresto, questa volta in Sudan.
La sua storia è un’incredibile sequela di processi, fughe, latitanze e combattimenti. Finito inizialmente nell’inchiesta milanese, era stato condannato in contumacia. Nel ’97 aveva infatti lasciato l’appartamento in via Paravia 84 a Milano, considerato un covo di reclutatori di al Qaeda, per finire in Pakistan, dov’era stato arrestato con documenti falsi mentre, sostiene l’Antiterrorismo italiano, era in attesa di due afghani per entrare in un centro di addestramento in Afghanistan.
Nel 2007 era finito in un’altra inchiesta per terrorismo internazionale sempre condotta da Milano. Ma di lui si erano perse le tracce per anni. Era stato rintracciato nel 2009 quando, si era scoperto, era detenuto a Guantanamo dopo aver passato i precedenti sette anni nel carcere americano di Bagram in Pakistan.
Fatto rientrare in Italia con un accordo tra Italia e Usa, era stato processato. Ma nel 2012 viene assolto dalle accuse della seconda inchiesta. Espulso in Tunisia perché considerato pericoloso, è di nuovo in fuga. Nel frattempo viene condannato in via definitiva a 5 anni e 8 mesi per la prima inchiesta.
Poco dopo alcune carte trovate a Sirte in un covo dell’Isis lo danno come reclutatore in Lombardia e uno dei capi dello Stato Islamico in Libia dove gestisce campi di addestramento dei mujaheddin. Nell’estate del 2013 raggiunge la Siria per poi rientrare nuovamente in Libia per l’organizzazione degli attentati al Museo del Bardo e all’Hotel Imperia di Sousse.
Qualche mese fa la notizia della sua cattura in Libia viene in seguito smentita dall’Antiterrorismo. Ora la nuova notizia dell’arresto, questa volta in Sudan.