(Gabriella Peretto di L’Indro) – “La gente in Afghanistan per il 99,99% è musulmana e crede nell’Islam“. “Quando credi nelle leggi, dovresti assolutamente applicarle”. “Non discuteremo quale tipo di sistema politico dovremmo applicare in Afghanistan, perché è chiaro. È la legge della Sharia, e questo è quanto”. “Non ci sarà affatto un sistema democratico, poiché non ha fondamenta nel nostro Paese”. Parole di Waheedullah Hashimi, alto leader talebano, in una intervista di poche ore fa a ‘Reuters‘.
Per altro Zabihullah Mujahid, portavoce del governo talebano, nella prima conferenza stampa a 48 ore dalla presa di Kabul, era già stato chiaro quando, assicurando che le donne non saranno discriminate, aveva detto: “l’Emirato islamico si impegna a rispettare i diritti delle donne nel quadro della Sharia”. “Le nostre donne sono musulmane. Saranno felici di vivere all’interno dei limiti della Sharia”.
Dunque, l’Afghanistan sarà un l’Emirato islamico – come già il giorno della presa della capitale, il 15 agosto, avevano immediatamente annunciato – e la legge che lo guiderà sarà la Sharia.
Così, per provare a decifrare l’Afghanistan dei talebani del 2021 serve rispondere a qualche domanda: cos’è la Sharia? cosa prevede e come funziona? Perchè i talebani sembrano dare per sottinteso che la Sharia non è un sistema democratico? e perchè il sistema democratico asseriscono non avere fondamento in Afghanistan?
Sharia in arabo significa ‘la via‘, e non si riferisce a un corpo legislativo, spiega Asma Afsaruddin, docente di Studi Islamici ed ex Presidente del Dipartimento di lingue e culture del Medio Oriente presso la Hamilton Lugar School of Global and International Studies dell’Indiana University. «La sharia è riferita a principi morali ed etici di ampio respiro tratti dal Corano, il libro sacro dell’Islam, e dalle pratiche, gli insegnamenti, le azioni e i detti (hadith) del profeta Maometto.Questi principi generali sono interpretati dai giuristi per elaborare specifiche norme giuridiche e prescrizioni morali. Il corpo di norme giuridiche che emerge dall’interpretazione della legge della sharia è comunemente indicato come legge islamica, o come ‘fiqh’ in arabo. È il risultato dell’attività intellettuale umana ed è quindi, per definizione, fallibile e mutevole”, afferma Afsaruddin. Non è un codice legale rigoroso, piuttosto è aperto a diverse interpretazioni da parte di governi e leader religiosi. La Sharia è più propriamente da considerare strumento rights-oriented per i musulmani.
“La Sharia fornisce indicazioni su come vivere una vita etica. Stabilisce linee guida su come pregare e come trattare i propri familiari, i vicini e coloro che sono nel bisogno. Richiede ai musulmani di essere giusti ed equi nei loro rapporti con tutti, di astenersi dal mentire e dal pettegolezzo, ecc…, e di promuovere sempre ciò che è buono e prevenire ciò che è sbagliato.
Gli studiosi musulmani, riflettendo sugli obiettivi più ampi della Sharia, hanno affermato che le leggiche ne derivano devono sempre proteggere: la vita, l’intelletto, la famiglia, la proprietà e l’onore degli esseri umani. Questi cinque obiettivi creano quello che possiamo considerare un Bill of Rights islamico premoderno, che fornisce protezione per le libertà civili”.
Le donne, i loro diritti, la loro protezione, sono balzate al centro dell’attenzione internazionale appena Kabul è stata conquistata. E quando il portavoce dei talebani, Mujahid, ha affermato che “l’Emirato islamico si impegna a rispettare i diritti delle donne nel quadro della Sharia” i commenti sono stati unanimi: è come dire che i diritti delle donne avranno la peggio rispetto ai dettami religiosi. Questo perchè la sharia è spesso descritta come ‘barbara’, particolarmente regressiva in fatto di diritti delle donne. Dunque, la Sharia è contro le donne?
“Sicuramente no” afferma Asma Afsaruddin. “Il Corano riconosce l’assoluta uguaglianza di uomini e donne in quanto esseri umani e proclama che sono l’uno partner dell’altro nella promozione del bene comune. La sharia fornisce alle donne certi diritti che erano praticamente sconosciuti nel mondo premoderno. Richiede che uomini e donne abbiano pari accesso alla conoscenza; richiede il consenso della donna prima del matrimonio; e le consente il diritto di avviare il divorzio a determinate condizioni. I giuristi musulmani permettevano l’aborto nel primo trimestre di gravidanza, soprattutto se la salute della madre era in pericolo. Soprattutto, la Sharia consente a una donna di ereditare proprietà dai suoi parenti maschi e di mantenere questa proprietà per sé, anche dopo il matrimonio -suo marito non può pretendere alcun diritto su di essa. Al contrario, le donne cristiane europee non potevano conservare i loro beni dopo il matrimonio fino al XIX secolo. Le femministe musulmane che si battono per la parità di diritti legali nelle società a maggioranza musulmana oggi traggono i loro argomenti e la loro forza dalla sharia. I delitti d’onore e le mutilazioni genitali femminili, spesso descritti dai media come islamici, sono in realtà pratiche tribali non islamiche che non hanno alcun fondamento nella sharia. La mutilazione genitale femminile è praticata anche dai non musulmani”.
Mark Fathi Massoud, docente di politica e studi giuridici presso l’Università della California, Santa Cruz, spiega come molte donne musulmane non considerino la Sharia incompatibile con i loro diritti, anzi, in una sua ricerca mostra casi di come le donne stanno usando la Sharia per combattere le pratiche oppressive.
Dunque, perchè la Sharia non sarebbe democratica? O meglio, perchè Waheedullah Hashimi afferma, dopo aver detto che la legge della Sharia regolerà la vita nel Paese, che «non ci sarà affatto un sistema democratico, poiché non ha fondamenta nel nostro Paese»? come a riconoscere che la Sharia non è democratica.
Una spiegazione ce la offre un intervento di Robert Gleave, docente di Studi Arabi presso l’Università di Exeter.
“Molte persone in Occidente vedono la sharia come parte integrante di uno Stato islamico‘duro‘, che va di pari passo con il governo teocratico». Non è esattamente così.
“Teologicamente, la sharia è la legge data da Dio al suo mondo come guida per la creazione. Agire secondo la sharia significa seguire le regole stabilite da Dio. Non c’è aspetto della vita umana che non sia coperto dalla Sharia -dalle operazioni dello Stato ai dettagli più intimi delle proprie relazioni coniugali». Dio, però, non ha rivelato un libro di legge, o una costituzione scritta, in cui le regole sono stabilite. Ha rivelato testi -il Corano- o azioni ispirate, in particolare quelle del profeta Maometto. Questi costituiscono le fonti della Sharia, e come tali necessitano di interpretazione, e il risultato è la variazione delle regole legali e, in definitiva, il pluralismo nella pratica legale.
Così, «le regole non sono sempre state le stesse: Dio ha rivelato all’umanità nuove leggi da seguire in momenti diversi della storia. Nel racconto musulmano standard, le sharia del passato furono infine sostituite e abrogate dalla legge data al profeta Maometto. Proprio come Maometto è l’ultimo dei profeti, così la sua sharia è l’ultima legge: ‘Le cose consentite sono permesse fino al giorno della resurrezione, e le cose proibite allo stesso modo’, affermano molti libri di legge musulmani.
Insomma, la sharia, la legge di Dio, è sempre una,ma i tentativi umani di comprenderla sono molteplici e individuali -la legge promulgata dagli umani non è la sharia, ma la comprensione umana fallibile (fiqh). I giuristi musulmani, dal periodo medievale ad oggi, hanno riconosciuto e incorporato questa variazione sia nelle regole che nella pratica nella loro giurisprudenza. Quindi,giudici diversi si sono pronunciati secondo diverse scuole di diritto, con diverse regole di prova che si applicano nei diversi tribunali».
La sharia rappresenta «l’amministrazione di una società morale e pia, che opera in accordo con i valori fondamentali musulmani», afferma Robert Gleave. Per questo i musulmani hanno tradizionalmente convenuto che una società islamica dovrebbe essere governata in modo coerente con la sharia.
E’ qui che entra in scena la politica. “Questa legge religiosa costituisce una componente essenziale della piattaforma di ogni aspirazione politica; così, ivalori della Sharia prevalgono su quelli democratici nell’immaginario etico popolare”. Evidente, allora, come non sia scandaloso, anzi, dichiarare apertamente “non ci sarà affatto un sistema democratico». Quello dell’alto esponente talebano Waheedullah Hashimi, piuttosto, deve suonare all’orecchio del fedele musulmano afgano come un impegno ad amministrare in maniera morale, pia, rispettosa della legge di Dio, la quale ha e deve avere la meglio su tutto. Un sistema democratico «non ha fondamenta nel nostro Paese», aggiunge Hashimi, il che è perfettamente coerente e corretto, visto che si era premunito di ricordare al pubblico occidentale che la «gente in Afghanistan per il 99,99% è musulmana e crede nell’Islam”.
“La centralità della sharia come ideale teologico e come ispirazione per un comportamento corretto, etico e civile spiega perché essa abbia un valore così emblematico per i movimenti politici musulmani, sia al potere che all’opposizione. Un governo efficace dipende dalla legittimità, e la legittimità in ultima analisi deriva dalla conformità (o almeno dalla conformità percepita) a un sistema di valori accettato”.
Non è un caso che i talebani abbiano immediatamente assunto l’impegno a dichiarare l’Emirato Islamico e l’applicazione della Sharia. Il loro obiettivo è parlare al pubblico afgano, farlo sentire a suo agio passando il messaggio che i loro valori -quelli degli ‘Studenti’- sono i valori della gente comune, di tutti coloro che in quel momento stavano assistendo al crollo di un sistema ed erano disorientati. Ottenuta la narcotizzazione, la legittimazione avviene in automatico.
“La sharia ordina il bene e proibisce il male; ciò può comportare o meno diritti democratici a seconda dell’interpretazione del movimento, ma l’appello alla sharia costituirà invariabilmente il nucleo di qualsiasi programma politico efficace nel mondo musulmano», conclude Robert Gleave.
Lungi dall’essere prodotta da governanti o governi, «la legge islamica è elaborata da studiosi, gli ‘ulama‘, spesso come una critica di ciò che stanno facendo i governanti», afferma Christopher van der Krogt, docente di Storia presso la Massey University, e studioso dell’Islam. Essendo Dio è il vero autore della sharia, “gli studiosi producono fiqh -letteralmente ‘comprensione‘, ma in questo contesto ‘giurisprudenza‘”. E’ la giurisprudenza è probabilmente la scienza islamica più importante, «molto più significativa, per esempio, della teologia”.
Gli studiosi affermano di conoscere meglio ciò che Dio richiede perché hanno studiato il Corano e la sunna, così come le opere dei loro predecessori. “Naturalmente, spesso non sono d’accordo tra loro su questioni di dettaglio, e ci sono cinque distinte scuole di giurisprudenza (‘madhhab’) nel mondo islamico di oggi. Quattro sono sunnite e una è sciita”.
La legge islamica, dunque, non è codificata. Anche se la sharia è la legge di Dio, il fiqh, come ogni sistema legale sofisticato, è materia di interpretazione e dibattito.
Quando si parla di legge islamica subito scatta in mente il collegamento a punizioni di tipo corporale, come l’amputazione per il furto e la lapidazione per l’adulterio. In effetti, afferma van der Krogt, i “regimi di dubbia legittimità tendono a utilizzaretali sanzioni con entusiasmo per dimostrare di essere buoni musulmani e degni governanti. Tuttavia, gli interpreti più liberali della sharia di solito limitano la loro applicazione”.
“Sia tra i sunniti che tra gli sciiti ci sono istituzioni riconosciute per l’apprendimento. Ma l’Islam è una religione laica; non ha sacerdoti. In pratica chiunque può ergersi a interprete della sharia e guadagnarsi un seguito”. E in questo laicismo si possono incuneare movimenti come al-Qaeda, ISIS, piuttosto che i talebani, e tutti affermano di rappresentare l’autentico Islam.
La sharia, dunque, non è democratica perchè «in linea di principio, le leggi di Dio devono avere la priorità sulle leggi umane». Se è vero che la maggior parte dei musulmani ha accettato il compromesso nella pratica -almeno fin tanto che non è obbligata a fare nulla contro la propria comprensione delle esigenze di Dio, ed è abituata a obbedire alla legge del Paese così come alla sharia, poiché l’obbedienza all’autorità legittima è essa stessa un requisito della sharia- ci sono sempre stati puristi, dice van der Krogt, che sostengono che l’Islam può essere vissuto correttamente solo in uno Stato governato esclusivamente dalla sharia. Il che è quanto sostengono i talebani. Talebani che sono perfettamente consapevoli che i valori della Sharia prevalgono su quelli democratici nell’immaginario etico popolare, e su questo immaginario incidono per ottenere legittimazione dalla popolazione e condiscendenza, remissività della popolazione al loro governo.