(Giuseppe Fantasia di Il Foglio) – “Dal punto di vista politico – spiega al Foglio Manuel Vilas – la gestione della pandemia è stata deludente”. Per quale motivo? gli chiediamo. “Perché c’è stata una totale assenza di leadership. I politici delle nazioni occidentali sono stati più occupati e preoccupati a conservare le loro poltrone che a cercare di sconfiggere questo virus. In Spagna, il mio paese, i politici si sono limitati a dire delle cose sul virus che non mettessero mai a rischio le loro carriere, ad adottare misure che non portassero un pericolo per i loro possibili elettori, presenti e futuri”. “Mi piacerebbe che la politica fosse un’arte più nobile di quella che è oggi”, aggiunge il noto autore di poesie e romanzi, tra cui España, considerato uno dei dieci romanzi in lingua spagnola più importanti del primo decennio del secolo, In tutto c’è stata bellezza (Guanda 2019), tradotto in oltre 20 lingue e La gioia all’improvviso. “La politica dovrebbe essere volta a rendere felici gli altri, dovrebbe essere sacrificio e capacità di servizio, ma non è così. Da cittadino con una discreta cultura, che ama leggere, informarsi come visitare una bella mostra, mi è dispiaciuto vedere che i 2500 anni di Filosofia occidentale siano stati riassunti da un laconico messaggio che recitava così: ‘La prudenza non è mai troppa’. Avrei preferito ascoltare delle cose più intelligenti, che mi fosse dato un messaggio più lucido e non solo quello estenuante di lavarci le mani 20 volte al giorno”. “Una cantilena, uno svilimento della vita”, scrive ne I baci, il suo nuovo romanzo appena pubblicato da Guanda nella traduzione di Bruno Arpaia. “Lavarsi le mani salva vite umane”, ma in quel gesto – fa dire al protagonista Salvador, un professore in pensionamento anticipato – c’è uno spreco del nostro tempo in cui non stiamo contemplando la bellezza del mondo, perché chi si lava le mani contempla soltanto un rubinetto, acqua, e schiuma di sapone, e obbedienza.
“È impossibile sentire la pienezza della vita nel gesto meschino di obbedire visto che nell’obbedienza c’è soltanto rinuncia volontaria alla libertà, degradazione e miseria morale”. “Ponzio Pilato è stato il primo e l’ultimo uomo capace di far sì che un gesto banale come lavarsi le mai fosse elevato a categoria filosofica”. Vilas, ha dovuto ‘obbedire’ – come dice lui – a tutto questo come al vaccinarsi, non è no-vax, ma vuole dire quello che pensa. “Sono un vitalista, celebro e amo la vita. La pandemia l’ho vissuta con profonda angoscia: non è stata una guerra, ma ci ha fatto soffrire moltissimo. Il virus – aggiunge – ha portato a una nuova umiliazione nella vita della gente, perché all’improvviso tutto ci è stato vietato, dai baci alle passeggiate, dagli incontri con gli amici al viaggiare. Tutti abbiamo vissuto sotto la minaccia del virus, ma nessuno sa cosa sia successo e continuiamo a non saperlo. Mi viene da ridere quando vedo gli epidemiologi in tv, perché abbiamo scambiato Dio con la Scienza: basta che appare uno di loro sullo schermo e tutti si prostrano ai suoi piedi. La Letteratura – precisa – ha la missione di preservare la libertà e la vita, di mettere in dubbio tutto”.
Lui lo fa con il suo lavoro, nei suoi romanzi, mettendo tutto in discussione. “La Scienza – dice – è imprescindibile, ma bisogna fare attenzione, perché dandole troppa importanza, si rischia di sostituire un totalitarismo con un altro, un fondamentalismo – quello religioso – con un fondamentalismo scientifico. Come scrittore voglio mettere in guardia il lettore, dicendogli di fare attenzione, perché la Scienza rischia di diventare una nuova religione”. Nel dirci ciò, rivendica anche il senso dell’umorismo. “Nel romanzo c’è molto, perché la vita è umorismo. La scienza non è per nulla umoristica. Nel libro scrivo infatti che 2000 anni fa, gli eletti si chiamavano Apostoli, oggi si chiamano scienziati”. Una pandemia, che tra tanto orrore, come fa notare, ci ha riportato a considerare la bellezza o, quantomeno, a non dimenticarla. “Vivere senza, è impossibile”, precisa. Siamo in quel posto magico che è la Casa delle Letterature di Roma, ben diretta e organizzata da Simona Cives, e lui sta per fare un incontro online e in presenza, circondato da tanti ragazzi, ben distanziati, che vengono qui ogni giorno a studiare. “Hanno cercato di farci credere che la bellezza sia un orpello, qualcosa di secondario, ma non è così. Il mondo si sta brutalizzando e imbruttendo sempre di più, ma la bellezza è l’unica cosa che può difendere i valori dell’essere umano. Non parlo di opere d’arte, ma di ciò che definisco umile, della bellezza elementare di un albero, di un fiore, di un bicchiere d’acqua, di un’arancia. Questo per me è bellezza”.
C’è una maniera per salvaguardarla? Vilas non ha dubbi: “Adottando uno sguardo pulito sulle cose, ritornando a guardarle”. A rifletterci, c’è un passo del libro in cui il protagonista Salvador guarda la frutta con uno sguardo meravigliato, avendo una sorta di epifania. “Quello è un messaggio e un invito”, dice l’autore. “La frutta è simbolo della vita, ma non la guardiamo mai nella sua bellezza ed è questo che dobbiamo reimparare a fare in generale. Il significato è guardare alla vita con delicatezza e con amore”. Nel libro ci descrivi quello che nasce tra un 58enne e una 45enne che si conoscono poco prima che la Spagna proclami il lockdown. “Parlare d’amore è un modo per salvare la vita, il cardine di questo romanzo è l’amore contro la pandemia”. C’è una tesi di fondo che consiste nel ricordare al lettore che ha diritto di innamorarsi a qualsiasi età. “Recentemente ho visto un film del 90enne Clint Eastwood che si innamora di una donna. L’amore non ha età, lui e io la pensiamo allo stesso modo e non siamo i soli”. “Perché non ci si può innamorare da vecchi?”, si chiede. “L’amore è vita e se uno dice a un anziano che non ha più questo diritto, è come dirgli di morire, perché senza amore non si vive. Da anni lottiamo contro ogni tipo di discriminazione, ma cosa ne è della discriminazione per età?”. La stagione dell’amore viene e va, cantava Battiato, a cui Vilas dedica l’esergo e lo cita anche in un passo del libro con Voglio vederti danzare. “Per me Battiato è celebrazione, è trionfo della vita. I desideri – diceva – non invecchiano quasi mai con l’età. Quanto aveva ragione?