(Emilio Vanoni di Varese News) – C’è una cosa incontrovertibile che emerge prepotentemente dal disastro della questione afghana. La questione planetaria delle donne. In questo terzo millennio, dopo lo scoppio della pandemia e della globalizzazione, alla base emerge la questione della parità e della uguaglianza del rapporto uomo – donna, che noi crediamo sia pienamente risolta nei paesi occidentali. Ma non è vero: anche da noi questa parità è solo avviata. Per il nostro paese e per la stragrande maggioranza dei paesi, USA compresi, siamo ben lontani dall’averla raggiunta. Anche da noi nessuna donna è mai stata eletta Presidente della Repubblica o Presidente del Consiglio. E la ragione è molto semplice: siano tutti figli delle religioni monoteistiche patriarcali che da sempre hanno condizionato la storia dell’uomo e delle nostre società. Sino a pochi anni fa anche da noi l’uomo era padrone della donna, le donne non potevano votare, nella religione cattolica si discuteva secoli or sono se la donna avesse o non avesse un’anima. Piaccia o non piaccia siamo o siamo stati un po’ tutti “Talebani” Chiesa Cattolica compresa, anche se magari possiamo definirci “Talebani Moderati”.
Forse è per questo che ieri, papa Francesco, all’Angelus è stato silente, non ha fatto sentire la sua voce di solidarietà nei confronti delle donne afghane che scappano dal quel regime sanguinario, dopo che per 20 anni le abbiamo illuse della libertà e della parità. Non ha alzato la voce sulla libertà e sulla parità delle donne, per un motivo molto semplice: anche nella Chiesa Cattolica la libertà e parità della donna è ancora imprigionata da quelle norme arcaiche e medioevali, figlia dell’Impero Romano che la Chiesa ha ereditato e perpetuato (compresa l’ideologia delle guerra durata 2000 anni) e che impedisce alle donne di diventare preti, vescovi e papa. Papa Francesco non può alzare la voce contro le discriminazioni che subiscono le donne afghane, forse perchè é a capo di una Chiesa un po’ talebana, anche se moderata.
L’errore che può fare l’uomo moderno oggi potrebbe essere quello di illudersi di poter fare a meno, non tanto della religione, ma di DIO. Ma sarebbe un errore imperdonabile. Lo aveva già scritto alcuni anni fa Raniero La Valle nella presentazione del suo ultimo libro “Lettere in Bottiglia”:“Nella storia dei secoli, tante volte gli uomini hanno sbagliato pensando a Dio, sbagliato sul modo di vedere il mondo, la società o noi stessi. E il rimedio non è quello di non credere in Dio, perché l’uomo, senza Dio, si costruisce subito altri idoli, come il denaro o l’indifferenza, diventandone schiavo. Quante tragedie, andando indietro nella storia, sono state provocate da una falsa cognizione di Dio? Gelosie, disuguaglianze, eccesso di virilità, poca considerazione delle donne, vendette, guerre sante, crociate, schiavitù, inquisizioni, respingimenti, terrorismi, scomuniche, annegamenti, l’odio nei confronti dell’altro, e sempre con un Dio pronto a giustificare, un Dio geloso, maschilista, vendicatore, giudice, padrone, re della terra, signore degli eserciti, despota delle anime e dei corpi, come coloro che usano il rosario brandendolo come spada, per far valere i propri interessi personali. E ci sono purtroppo anche tanti santi famosi che si potrebbero citare a supporto di molte errate rappresentazioni di Dio, anche nella nostra diocesi ambrosiana. Gesù è venuto a correggere tutti questi sbagli secolari, a spiegare la vera figura di Dio, in opposizione alle cattive rappresentazioni del Padre, offrendosi Lui, Figlio, come criterio di riconoscimento, facendosi umano, facendosi servo dell’intera umanità, per amore, solo per amore, fino alla morte sulla croce, per mostrarsi al mondo intero come Dio della misericordia.”
In un mondo che cambia con ritmi vertiginosi ma con una Chiesa che si rinnova alla velocità di una lumaca, queste nostre sorelle afghane rischiano di pagare un conto molto salato per tutti i nostri ritardi riformatori, incapaci di amarle come Cristo ci ha insegnato.