(da CasertaCE) Prima lettura Collochiamo il brano di Amòs nelle sue coordinate storiche. Siamo nel regno del Nord (detto anche di Samaria o d’Israele o di Efraim), al tempo del re Geroboamo II (VIII sec.a.C.). Il paese è all’apice della potenza economica. Anche la religione viene praticata e favorita; i santuari sono pieni di pellegrini che portano soldi e doni al tempio. A suo modo, anche Geroboamo II è un re religioso: stipendia i sacerdoti e le spese dei templi. Uno splendido accordo di sacerdotium et regnum, di trono e altare! Sembra che stiamo parlando dei nostri tempi! Un giorno arriva a Betèl, dove sorge il santuario maggiore, un uomo rude, dal volto bruciato dal sole perché è un mandriano di pecore (ר ֵ֥ וקֹבּ (e un raccoglitore di sicomòri (יםִִֽׁ מְ קִׁ ש ס ֵ֥ולֹוב .(ּIl suo nome è Amòs di Teqòa, a pochi chilometri da Bet Lèchem. Invece di rallegrarsi per la ricchezza e la pace che regnano, si scaglia contro il re, attacca i sacerdoti stipendiati, i magistrati corrotti e i commercianti disonesti… Il motivo? La ricchezza è privilegio solo di alcuni, fa dimenticare Dio, conduce all’idolatria. La stessa religione è solo menzogna ed esteriorità: “Io detesto le vostre feste solenni e non gradisco le vostre riunioni sacre; anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco le vostre offerte, e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. Lontano da me il frastuono dei vostri canti: il suono delle vostre arpe non posso sentirlo! Piuttosto scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne” (Am 5,21). Di fronte a tali denunce, il capo dei sacerdoti di Betèl, Amasìa, lo minaccia: “Questo è il santuario del re. Torna al tuo paese se ti sta a cuore la vita!” (Am 7,13). Amòs gli risponde: “Vado via ma prima ascolta queste mie cinque profezie: tua moglie batterà il marciapiede; i tuoi figli saranno uccisi in guerra; le tue ricchezze finiranno ad altre persone; tu morirai in terra straniera; il regno d’Israele sarà distrutto”. Tutto si avvera: nel 721 il re assiro conquista la Samaria. Finiva così “l’orgia dei buontemponi” (Am 6,7).
Necessità della burocrazia e del carisma Ricordiamoli questi due personaggi opposti e così attuali. Lo scontro tra Amòs e Amasia racconta la lunga storia dei cappellani di corte (molto amici dei potenti!) che cacciano i profeti. Le leggi della sociologia ci insegnano che istituzione e carisma non vanno mai d’accordo. E’ vero, ma nella chiesa non deve accadere: il Concilio insegna che tutti i credenti sono profeti, che il popolo di Dio è un popolo profetico. Purtroppo nella storia si sono verificati molti dissidi tra i tutori dell’istituzione e i profeti. E’ un dissidio doloroso, che esige pazienza, ma anche coraggio. Guai a noi se tacciamo per una malintesa prudenza, per non incorrere nei fulmini della scomunica. Chi crede, chi ama, non può tacere. Chi vive tranquillo nell’istituzione, eseguendo quanto gli viene chiesto, senza turbamenti interiori, non è un innamorato né di Dio né dell’uomo.
L’identikit del missionario Ecco le istruzioni date da Gesù ai suoi discepoli, che costituiscono la “Magna Charta” del missionario cristiano: Non prendete denaro… Quest’esigente pagina di vangelo – che solo uomini come Francesco di Assisi sono riusciti a vivere sine glossa – è come una pietra lanciata nella palude del nostro cristianesimo. Anziché riconoscere di essere mediocri testimoni, ci consoliamo con l’alibi della povertà dei mezzi, che ci impedisce di costruire spaziosi oratori, chiese monumentali, strutture moderne e confortevoli… Pagine esigenti come questa ci costringono a chiederci se tanti nostri insuccessi dipendono non dalla povertà dei mezzi ma dalla povertà della fede. Quando il primato viene dato alle strutture, allora il nostro annuncio diventa propaganda, pubblicità, proselitismo, spot… Ordinò loro: è l’unica volta che Gesù ordina qualcosa in questo vangelo, quindi è un messaggio importante; e cosa ordina? Di “non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane né sacca né denaro” perché la vita dell’apostolo dev’essere coerente con il messaggio; Gesù, che normalmente è parco di descrizioni, qui addirittura dice come deve vestire l’apostolo: deve “calzare i sandali” perché deve camminare molto, ma “non portare due tuniche”, indice di lusso. Insomma, liberi da ogni preoccupazione economica. C’è da chiedersi: ma gli apostoli hanno fatto poi quanto Gesù aveva ordinato loro? Entrando dite: Pace a questa casa! Questi Dodici, a due a due, non vanno a portare delle verità astratte e asettiche. Se il nostro annuncio è di tipo proselitistico, di conquista delle anime, noi, anche con le migliori intenzioni, portiamo la lotta. Non domanderemo mai se gli altri sono con noi o contro di noi, se credono o non credono. Dobbiamo imparare a sedere alla mensa degli uomini, condividendo il pane degli altri. Dobbiamo ancora scendere molti gradini dal nostro piedistallo, per riprendere questo filo semplice del viaggio evangelico nel mondo che è stato, purtroppo, tante volte una crociata sanguinaria, una forzata acculturazione, un’orgogliosa propaganda. Li mandò a due a due: è un particolare che va sottolineato, a motivo del valore simbolico dei numeri in Oriente. Nella Bibbia ritorna sovente questo elemento numerico della coppia: Giovanni invierà due discepoli dal Signore, Gesù incaricherà due discepoli a preparare il suo ingresso in Gerusalemme, due saranno gli angeli che annunziano alle donne la risurrezione… Il significato è chiaro: nella doppia testimonianza c’è garanzia di verità come stabiliva la legge del Deuteronomio (17,16). Il cristianesimo non è un’esperienza intimistica, ma una testimonianza storica; a differenza delle religioni orientali, che vedono nell’isolamento l’ideale della perfezione, il cristianesimo va vissuto nella comunità, occorre essere almeno in due; l’annuncio non è mai opera di un singolo che predica le sue intuizioni o visioni, ma in comunione con gli altri e con la chiesa. Quello che devono fare i discepoli lo indica lo stesso Gesù: “Predicare la conversione, guarire i malati”. Appaiono qui le due dimensioni fondamentali del cristianesimo: quella orizzontale (il servizio fraterno) e quella verticale (annunciare il vangelo). In questa pagina di vangelo, la chiesa trova le sue radici, la sua identità; va sottolineata la pienezza, direi carnale, dell’annuncio di Gesù. Nel nostro linguaggio ascetico e razionale, la parola “vangelo” ha perduto di contenuto, invece essa gronda di tutta la pienezza terrena. Non è un annuncio spirituale e neppure sociale, ma è un annuncio completo, di spirito e di materia, di anima e di corpo, di cielo e di terra. Diede loro il potere sugli spiriti immondi: Gesù non dà il potere di “comandare”; l’unico potere viene dato in riferimento agli “spiriti immondi”; il verbo “obbedire” (ὑπακούω) appare nei vangeli solo tre volte: quando si dice che “il vento e il mare obbediscono” a Gesù (Mc 4,41); quando dice ai discepoli che perfino un albero selvatico obbedirà loro (Lc 17,6); quando la gente rimane turbata nel vedere che Gesù “dà ordini agli spiriti immondi e gli obbediscono” (Mc 1,27). In pratica, Gesù comanda agli elementi inanimati (il mare, il vento), alle piante della campagna e ai demòni, mentre alle persone rivolge un invito: “Se vuoi essere perfetto…” (Mt 19,21); Prendete solo il bastone, ma non il pane o la bisaccia o il denaro; persino sul guardaroba Gesù ha dato indicazioni: una sola tunica e i sandali; il bastone era l’arma del povero e per questo Gesù lo proibisce (Mt 10,10): i suoi missionari devono essere uomini di pace. In questo brano di Marco, invece, Gesù lo raccomanda e il motivo è che nella Bibbia il bastone ha anche un altro valore simbolico: Mosè e Aronne hanno lottato contro il faraone servendosi del bastone (Es 7,9) e nel Salmo 23 il salmista così prega Dio: il tuo bastone e il tuo vincastro mi guidano… הָּ מ ֵ֣ ה ך ֶּ֗ תְנַעְ שִׁ מּ֜ וֵ֥ ּךְ טְ בִׁ ש יִׁנ ִֽ מֲחִַֽנְי . L’unico bastone dato da Gesù alla sua chiesa è la Parola, molto più efficace di ogni Diritto Canonico; Scuotete la polvere dai piedi: era il gesto che ogni israelita compiva quando lasciava la terra dei pagani ed entrava nella terra santa; questo gesto non era di disprezzo ma di “testimonianza per loro”. Si noti: per loro e non contro loro. Quello che Gesù chiede è il rispetto, non diventare fanatici, non infastidire la gente fino ad allontanarla dalle fede. Il vero missionario non è uno strillone intollerante, non ingaggia battaglie teologiche, peggio, non ricorre alle torture dell’Inquisizione per obbligare a credere!
Missionari: tutti, semplicemente Oggi i missionari non vanno più a piedi, ma saltano sull’aereo o sull’auto, il telefonino nella destra e il vangelo nella sinistra. E gli altri, i laici? Anch’essi sono inviati, perché la missione è un dovere per tutti. Difficile far capire ai cristiani distratti cosa è una missione; forse i grossi libri non servono. Bisognerà fare come Gesù: prendere alcuni in disparte, non le masse ma a due a due, senza proclami, solo con qualche consiglio semplice. Sarebbe bello che il parroco o il vescovo, radunato un piccolo gruppo, dicesse queste parole in tutta semplicità: “Cari amici, voi siete mandati. Non lontano ma a casa vostra. Volete fare i missionari di mestiere? Bene, ecco come: “State insieme in famiglia, parlatevi, pregate insieme, soprattutto amatevi. Date una mano ai vostri vicini. Abbiate pazienza con i vecchi, visitate i malati. Non pensate solo alle ricchezze, perdonate e chiedete perdono. Sostenete il vostro parroco, se potere fate catechismo. Occupatevi anche dei problemi della vostra città, non criticate perché la società non ha bisogno di giudici né di giustizieri, ma di amici. Andate a messa la domenica, salutate tutti, regalate un sorriso: c’è tanta tristezza in giro! Lavorate, guadagnate, ma date a chi ha meno di voi. La sera andate a dormire in pace, prima però fate quattro chiacchiere con Dio”. Ecco come farsi missionari, siamo tutti mandati per fare queste cose. Sono troppe? Non è obbligatorio riuscire a farle tutte: obbligatorio è solo l’impegno!
Il cristiano: un salvato da Dio che salva i fratelli Alcuni anni fa chiedevo ad un docente universitario, un laico fervente musulmano, perché l’islam ha poche società missionarie, mentre il cristianesimo ne ha così tante. Il professore mi rispose: “Perché noi siamo tutti missionari, abbiamo un senso profondo della nostra identità e della bontà della nostra fede, quindi siamo sempre impegnati a diffonderla”. In realtà, l’islam si diffonde non attraverso missionari-professionisti ma per l’azione costante, spontanea, silenziosa, di commercianti, lavoratori, studenti, politici, uomini di cultura, sportivi come Paul Pogba che aveva allontanato la bottiglia di birra: “Io sono un musulmano. Non posso sponsorizzare una bevanda alcolica!”. E la UEFA gli ha dato ragione! E’ vero che l’azione missionaria dell’islam sconfina a volte nel fanatismo, oppure usa mezzi violenti… ma credo che noi cristiani, oggi, cadiamo nell’eccesso opposto: confiniamo la fede al ristretto ambito della vita privata. Abbiamo persino vergogna di farci il segno della croce quando ci mettiamo a pranzo in un ristorante o quando passiamo davanti ad una chiesa. Altro che fanatismo! Siamo bloccati da un falso pudore!