Roma (Davide Rondoni di Quotidiano Nazionale) – Il papa all’Angelus di ieri si è ricordato (e ci ha ricordato) dei bambini che soffrono, a partire da quelli che sono degenti al suo stesso piano di ospedale. Ha parlato della cosa che scandalizza sempre: il dolore innocente. È la domanda che tutti vorremmo fare a Dio: perché i bambini soffrono? È lo scandalo che morde i cuori e le menti dei semplici e dei colti, di madri e padri di ogni tempo. Ogni giorno in ogni angolo del mondo qualcuno alza i pugni e questo grido a Dio. I grandi autori, da Leopardi a Dostoevskij a Manzoni hanno dato voce e figura a questa vertigine. E Dio che fa, non risponde? E qualcuno pensa: nemmeno il Papa ha risposto.
Ci ha ricordato i bambini e altri sofferenti, ci ha invitato a non lasciare solo chi soffre, ma non ha riposto alla domanda. Ma come? Ci ricorda lo scandalo e non risponde? E allora che ce ne facciamo? Di fronte a ogni scandalo siamo tentati di chiuderlo subito. Non lo sopportiamo. Vogliamo una risposta che lo chiuda, ci conforti. Ci sono tante filosofie e tante religioni che provano invano a rispondere allo scandalo d’essere umani, creature che soffrono. C’è chi immagina reincarnazioni, chi invita a non affezionarsi a nessuno così non si soffre se costui soffre, altri invitano a non pensarci. Il Papa invece non risponde. Perché a un fatto così lacerante non puoi rispondere con delle parole. Dio e il Papa prendono sul serio il dolore innocente, non rispondono allo scandalo più alto con un bel discorsino che provi a spiegarlo. Perché se sai cosa è, sai che è impossibile spiegare il dolore, giustificarlo con delle parole. Dio lo sa, e lo sa il Papa. Infatti non spende parole vane, ma porta una cosa sul petto. Quella “cosa” è in tutti gli ospedali, è in molti angoli di strada.
La fede cristiana – se ancora non lo si fosse capito – non è un discorsino confortevole. Chi pensa al cristianesimo come a un’idea, a una religione che spiega tutto e chiude ogni scandalo non conosce il Vangelo. Il Papa porta sul petto la croce. Lo scandalo di Dio, di suo figlio innocente, che muore come un cane sul patibolo. La croce non è un discorso consolatorio: è memoria e testimonianza di un fatto. È un fatto scandaloso dello stesso genere del dolore dei bambini. Dio e il Papa non rispondono con un discorsino banale sul dolore. Ma con un altro fatto scandaloso che apre alla speranza: il nostro dolore vissuto anche da Gesù, portato fino alla Resurrezione.