(da acistampa.com) – Il brano di Vangelo di questa domenica inizia con un’espressione – in quel tempo Gesù disse – che sembra avere solo lo scopo di collegare tra loro i diversi eventi della vita di Gesù. In realtà descrive il clima di tensione e di insuccesso nel quale Gesù si trova a vivere e operare. Nel capitolo 11, al quale appartiene il testo, infatti, noi troviamo descritti i dubbi di Giovanni il Battista circa l’identità e missione di Gesù, quindi il rifiuto da parte degli ebrei sia di Giovanni che di Cristo ed infine la dura condanna nei confronti delle città di Corazin, Betsaida e Cafarnao i cui abitanti, nonostante i numerosi miracoli in esse compiuti, non avevano creduto in Cristo.
Ebbene, in questo contesto di totale fallimento, Cristo innalza una preghiera di lode e di ringraziamento nella quale ci svela il segreto che esiste tra Lui e Dio. Gesù non ha ancora detto a nessuno, in maniera esplicita, di essere il Figlio di Dio. Ora, invece, per ben cinque volte in pochissime righe si rivolge a Dio chiamandolo “Padre” e si mette a parlare con Lui davanti ai discepoli e alla folla, testimoniando la comunione e identità totale che esiste tra loro. La nostra fede si radica su questa coscienza chiara che Cristo ha della sua divinità, di essere il Figlio di Dio.
Dopo questa osservazione vogliamo chiederci qual è il contenuto della preghiera di Gesù, o meglio ancora a chi il Padre rivela il Figlio. Il Signore riconosce, seppur con amarezza, che la Sua Parola, e quindi la Sua Persona, è stata rifiutata dagli scribi e dai dottori della legge di Israele, cioè dai sapienti e dagli intelligenti del tempo, mentre, è stata accolta dalle persone povere, semplici e prive di qualsiasi influenza politica ed economica. E in effetti i sapienti come Nicodemo e gli intelligenti come Paolo di Tarso dovranno compiere un lungo cammino per lasciarsi afferrare da Cristo.
Anche oggi accade la stessa cosa. Tante persone di cultura rimangono lontani dalla fede, anzi spesso dimostrano ostilità nei confronti di Dio, in nome del laicismo. Il cristianesimo – e la sua storia lo dimostra , non si appoggia sull’ignoranza, ma sull’umiltà dell’uomo; non condanna la scienza, ma la superbia e la presunzione.
Tutti siamo peccatori e dunque tutti siamo bisognosi. Per questo il Signore ci fa una proposta allettante: “Venite a me! E troverete riposo”. La via del ristoro e della liberazione è quella della relazione personale con Cristo. Si tratta di una relazione che non soffoca, che non opprime, ma reca gioia, infonde dolcezza, solleva perché ci fa conoscere la paternità di Dio. L’unica condizione che ci viene posta è quella di aprire il nostro cuore alla rivelazione di Gesù. Se si rimane chiusi nella propria autosufficienza è impossibile che la nostra intelligenza possa aprirsi alle sorprese di Dio.