di Giorgio Bernardelli – Ancora un simbolo della presenza cristiana fatto esplodere con la dinamite dal sedicente Stato islamico: da Mosul è giunta la notizia della distruzione della chiesa dei domenicani, la parrocchia latina della grande città del nord dell’Iraq, da quasi due anni nelle mani dei jihadisti. Una chiesa costruita nel XIX secolo e testimonianza della lunga storia che lega i domenicani a Mosul. A confermare le voci che già da ieri pomeriggio circolavano è stato con una nota il patriarcato caldeo. “Abbiamo ricevuto notizia che uomini dello Stato islamico hanno fatto saltare con la dinamite la chiesa latina appartenente ai padri domenicani e situata nel centro di Mosul – si legge nel comunicato -. È sconvolgente quanto sta accadendo in Iraq. Condanniamo con forza questo nuovo atto che ha preso di mira una chiesa cristiana, come quelli contro le moschee e gli altri luoghi di culto”. La chiesa domenica di Mosul era l’erede di una lunghissima tradizione: l’ordine dei predicatori era infatti giunto in Mesopotamia già nel XIII secolo e aveva stabilito un suo convento anche a Mosul. Con la sconfitta del regno crociato ad Acri nel 1291 tutti i domenicani presenti qui subirono il martirio. Ma cinque secoli dopo papa Benedetto XIV volle ricominciare quella storia; così nel 1750 inviò di nuovo i domenicani a Mosul. La chiesa attuale risaliva al 1870 ed era nota soprattutto per il suo campanile con l’orologio, dono dell’imperatrice Eugenia di Francia, la moglie di Napoleone III. Appare evidente l’intenzione del gesto dell’Isis: cancellare a Mosul persino la memoria della presenza cristiana. E vale la pena di sottolineare che questo nuovo episodio sia avvenuto nonostante negli ultimi mesi lo Stato islamico sia stato colpito duramente dai raid aerei in Siria e in Iraq. Insieme alle notizie di altre gravi violenze giunte nelle ultime settimane da Raqqa e dalla stessa Mosul, la distruzione della chiesa dei domenicani sembrerebbe dimostrare come un mero indebolimento dello Stato islamico non faccia altro che aumentarne il livello di ferocia, a danno della popolazione civile e dei simboli religiosi. Proprio per questo il patriarcato caldeo nella sua nota rivolge un nuovo invito alle autorità irachene e alla comunità internazionale a uscire dall’indifferenza. “I politici iracheni – si legge – cerchino una riconciliazione nazionale autentica, raggiungendo risultati tangibili per il ristabilimento dello Stato di diritto”. Quanto alla comunità internazionale e alle autorità religiose l’invito è ad “assumersi pienamente le proprie responsabilità e a intraprendere passi seri per porre fine alle guerre e ai conflitti e creare le condizioni per una pace giusta e rispettosa della diversità e del pluralismo in Iraq e nella regione”.