di Giordano Stabile (La Stampa) – L’esercito iracheno ha preso ieri il controllo degli edifici governativi nel centro di Ramadi. È caduto così il principale bastione di resistenza nella città, capoluogo della provincia dell’Anbar, da dieci anni una delle roccaforti inespugnabili degli islamisti in Iraq. I combattenti dello Stato islamico, poche centinaia in tutto, sono fuggiti verso Nord-Est, nelle zone fra Ramadi e Falluja, dove possono trovare coperture e nascondigli. È una vittoria importante soprattutto per il morale delle forze armate irachene. L’hanno ottenuta con un apporto minimo da parte delle milizie sciite, decisive invece in estate per la riconquista di Tikrit. Le nuove tecniche di guerra urbana, studiate assieme agli istruttori americani, si sono dimostrate efficaci. Anche se adesso la città è una distesa di rovine annerite dalle esplosioni, e continua la bonifica da mine e trappole-bombe, strada per strada, casa per casa. “Il controllo del complesso significa che l’Isis è stato sconfitto a Ramadi”, ha spiegato Sabah al Numani, portavoce dell’esercito. Che però ha ammesso: “Il prossimo passo sarà bonificare le sacche di resistenza”. Ragione per cui Washington «non conferma» ancora la riconquista totale. L’enorme compound degli edifici governativi, assieme al Tribunale poco distante, era stata l’ultima parte della città a cadere nelle mani dell’Isis durante l’offensiva dello scorso maggio. Allora una spaventosa ondata di decine di camion bomba, ognuno dei quali più potente di quello di Oklahoma City, aveva spezzato la resistenza dei cinquemila uomini a guardia della città. La caduta di Ramadi, il 17 maggio, aveva avuto un impatto devastante sul governo e l’esercito iracheni. E aveva fatto capire che lo schema seguito a Tikrit non funzionava. Nella città natale di Saddam Hussein, ripresa il 1° aprile, le milizie sciite avevano avuto un ruolo preponderante e alcuni miliziani avevano compiuto vendette sui collaborazionisti sunniti. La riconquista di Ramadi è stata preparata meglio. Nei mesi precedenti Baghdad si è guadagnata l’alleanza di numerose tribù sunnite locali, come quella degli Al Dalim. L’Isis non era più in grado di controllare i villaggi attorno alla città e ha giustiziato nelle scorse settimane decine di sunniti, accusati di tradimento. Si è indebolito e ha perso consensi. Nel mirino Falluja e Mosul C’era poi un altro problema. L’esercito iracheno è stato addestrato per anni alla controguerriglia, non alle battaglie campali. Sapeva come disinnescare una bomba improvvisata (Ied) piazzata sulle strade. Ma non «un intero campo di Ied, difeso da postazioni di mitragliatrici», come spiegava nei giorni scorsi il colonnello statunitense Steve Warren. Per superare l’immenso campo trincerato di Ramadi gli istruttori Usa hanno inventato nuove armi. Come «una corda esplosiva attaccata a una razzo» in grado di creare un sentiero sicuro attraverso i campi minati e permettere a una colonna di avanzare. Ora l’offensiva irachena si sposterà verso Falluja, a soli 50 chilometri da Baghdad. Poi Mosul, una metropoli di due milioni di abitanti, cinque volte Ramadi, dove un anno e mezzo fa è nato il Califfato.