Città del Vaticano – “Due errori molto gravi sono nominati nel rapporto dello Ior: Lux Vide e gli investimenti Optimum ad majorem (220 milioni di euro). Sono nel rapporto”. Parola del cardinale australiano George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, il nuovo superdicastero economico del Vaticano. Il porporato ha citato espressamente questi due affari – decisi dal management precedente dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione, e considerati inopportuni dalla nuova leva che ha preso il comando dell’istituto – in una recente intervista al periodico dei gesuiti statunitensi America. Col suo consueto piglio, il porporato australiano non ha usato parafrasi: “Two very serious mistakes” – due errori molto gravi. Le due vicende, in realtà, filtrate sulla stampa, non erano ancora state chiamate per nome da un cardinale. Sebbene, fra le righe, siano effettivamente presenti nel rendiconto pubblicato a inizio mese dallo Ior, il documento che certifica un crollo dell’utile netto passato da 86,6 milioni di euro (2012) a 2,9 milioni (2013).
Il primo caso è quello più noto. È tornato a spiegarlo il principale accusato della vicenda, il cardinale Tarcisio Bertone, la scorsa settimana. L’investimento dello Ior nella società televisiva Lux Vide di Ettore Bernabei, quella che produce ad esempio “Don Matteo”, è stato “un processo lungo di studio e di discernimento che è iniziato fin dal 2009 e che è giunto a conclusione nel dicembre 2013, quando – ha detto in un’intervista a ‘Zenit’ l’ex segretario di Stato – durante la riunione congiunta della Commissione cardinalizia di Vigilanza con l’Assistenza del Prelato e il Consiglio di Sovrintendenza, dunque di fronte agli organi dirigenziali dello Ior, con parere favorevole ho presentato la proposta di collaborare con la Lux Vide per le sue produzioni di fiction e di veri e propri film a ispirazione biblica e cristiana, a sfondo educativo e aderenti ai progetti ecclesiali di evangelizzazione. L’approvazione di questa proposta, ottenuta unanimemente, è stata messa a verbale – rivendica Bertone -. La Lux Vide è una società rilevante nel panorama della comunicazione nel settore cinematografico e televisivo aventi le caratteristiche che ho detto. Ricordo che lo stesso fondatore dell’Ior, Pio XII, aveva finanziato presso l’Istituto Luce la produzione del film Pastor Angelicus”. Della vicenda parlò per primo il “Fatto quotidiano”, l’anno scorso, tirando in ballo il nome di Marco Simeon, tuttofare di Bertone all’epoca. Poi, più di recente, la tedesca “Bild Zeitung”, scrivendo dell’intenzione di Bertone di aiutare finanziariamente la società televisiva. Ora della Lux Vide, pur non nominata, si trova traccia nel rendiconto Ior 2013, laddove vengono annoverati oneri netti pari a 14,4 milioni di euro (nel 2012 erano solo 4,7) che comprendono una cessione a titolo di liberalità di titoli pari a 15,1 milioni a favore di una fondazione della Santa Sede. Le azioni in cui la iniziale obbligazione Lux Vide sono state convertite, infatti, sono state trasferite dallo Ior alla fondazione Scienza e Fede con relativa perdita, nel bilancio dell’Istituto per le Opere di Religione, di oltre 15 milioni di euro.
Meno nota la seconda vicenda a cui fa riferimento il cardinale Pell. Si tratta di uno strumento di investimento (Ad Maiora) del fondo di asset management Optimum, con sede in Lussemburgo. Fece accenno a questa vicenda un articolo dell’Espresso, che, citando un documento interno dello Ior, raccontava che il vecchio management era arrivato ad investire fino a 230 milioni di euro in questo fondo, tramite una società di consulenza milanese, Ecpi, con clausole di contratto molto impegnative (durata illimitata, commissioni molto alte). Il nuovo management dello Ior, guidato dal presidente tedesco Ernst von Freyberg, che in queste settimane sta passando le consegne al suo successore Jean-Baptiste de Franssu, francese esperto di asset management in carica dal nove luglio, nel 2013 ha deciso di sganciarsi da questa intermediazione, giudicando questo tipo di investimento troppo esoso e rischioso. Del costo di questa operazione di bonifica, costata sinora quasi 30 milioni di perdite non realizzate, si trova traccia – anche in questo caso senza riferimenti nominali espliciti – nel rendiconto 2013. Laddove si legge che la voce “risultato netto di negoziazione”, pari a una perdita di 16,5 milioni di euro (nel 2012 il risultato era stato positivo per 51,1 milioni di euro), tiene conto, tra l’altro, di significative rettifiche effettuate sui fondi di investimento gestiti da terzi per 28,5 milioni di euro, sottoscritti nel 2012 e all’inizio del 2013 (oltre ad altri motivi, come il deprezzamento delle riserve auree di 11,5 milioni a causa dell’andamento della svalutazione dell’oro). “Non abbiamo nulla contro il fondo Optimum, ma abbiamo assunto una politica di investimento diversa dal passato”, si limita a dire il portavoce dello Ior Max Hohenberg.
Tra i fattori che pesano negativamente sull’utile netto dello Ior nel 2013 (peraltro risalito già nel primo semestre del 2014), vi sono, come è noto dalla pubblicazione del rendiconto, altre voci, a partire da interventi straordinari (l’Istituto vaticano è intervenuto nella vicenda del buco di bilancio della diocesi di Terni, realizzando un deprezzamento di 3,2 milioni di euro) e i costi operativi, aumentati, rispetto al 2012, di 8,3 milioni di euro a causa dei «servizi professionali necessari alla riorganizzazione e alla riforma dell’Istituto».
Nel report del 2013 non vi è traccia, invece, di un investimento in Carige, che per altri motivi ha suscitato la curiosità della procura di Genova, perché l’operazione si sarebbe conclusa senza strascici: la banca genovese, ricorda l’ufficio stampa dello Ior, emise un’obbligazione convertibile di 391 milioni di euro, l’8 marzo 2010 lo Ior acquistò un importo di 100 milioni. Poi, nonostante la scadenza del convertibile fosse a marzo 2015, nel maggio 2011 lo Ior vendette l’obbligazione che fu ricomprata dall’emittente. Lo stesso mese, peraltro, lo Ior acquistò 610.000 azioni, per circa un milione di euro. “Visto che, nel corso del 2012 (…) la partecipazione in Banca Carige ha subito una significativa e prolungata riduzione di valore al di sotto del costo storico, si è provveduto ad effettuarne la rettifica di valore – si leggeva nel rendiconto del 2012 -. Tale rettifica di valore, per un controvalore di 528 mila Euro, è stata iscritta nella voce di Conto Economico Impairment losses”.