(Da Amiata News – Don Carlo Prezzolini) – Possiamo definire questa frase come il progetto della vita del Signore e l’orizzonte che propone alla vita cristiana, personale, delle comunità e alla Chiesa. Lo troviamo in due versetti del capitolo 17 di Giovanni. Nei discorsi di addio di Gesù ai discepoli durante la santa Cena, rivolgendosi al Padre prega per loro perché: “Io non sono più nel mondo, essi invece sono nel mondo … custodiscili nel tuo nome”(17,11). Sempre pregando per i suoi discepoli, afferma che “Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo” (17,16). Un riferimento sono anche i versetti di Giovanni 15,18-19.
Nella santa Incarnazione il Figlio di Dio viene nel mondo, come “luce vera che illumina ogni uomo” (Giovanni 1,9); luce che viene “nel mondo”, che è stato fatto per mezzo di Lui (Giovanni 1,10), per rivelarci il Padre in pienezza (Giovanni 1,18). E ce lo rivela come Padre di compassione e di misericordia per tutte le persone, per il creato e per tutte le creature: ritengo che questo sia il senso della nostra fede, che va recuperato in pieno se vogliamo che il cristianesimo abbia un futuro.
Mi viene spontaneo chiedermi e chiedere ai lettori: “Io/noi sono/siamo nel mondo? Io/noi sono/siamo del mondo?”
Non ritengo proprio sia una domanda retorica ma fondamentale da sempre ma in particolare oggi, in questo inizio del secondo millennio dell’era cristiana che vede, per la prima volta dopo la crisi e la caduta dell’impero romano, messo in dubbio il futuro del cristianesimo, almeno in occidente.
Non è una domanda retorica perché la Chiesa non sempre è stata “nel mondo” e spesso è stata “del mondo”. Cosa vuol dire per Gesù “essere nel mondo”? Vuol dire vivere in pieno contatto con la realtà umana, sociale e ambientale; vuol dire accogliere tutti come sono, a partire dagli ultimi, dai malati e dai “peccatori”: prima Gesù accoglie chi incontra, li ama come sono, ha compassione di loro e poi li invita a crescere, a cambiare vita perché la loro gioia sia piena, siano in pienezza figli del Padre. Si potrebbero portare tanti esempi a proposito: dalla prostituta che gli lava i piedi, Luca 7,36-50, al ricco che non rinuncia ai suoi beni per seguirlo, eppure Gesù lo ama (Marco 10,21). Anche oggi Gesù mi accoglie, ci accoglie e ci ama come siamo e ci invita a crescere, a rinnovarci nel suo amore perché la nostra gioia, la nostra vita sia piena, perché diventiamo in pienezza figli amati dal Padre.
Noi viviamo così? La Chiesa ha questo orizzonte, questa realtà di vita? Ci sono sempre stati nella storia della Chiesa, delle Chiese grandi esempi in questo orizzonte come ci sono stati altri esempi di distanza dal mondo, di giudizio sul mondo, che hanno velato, nascosto il messaggio del Cristo. Penso che in questo orizzonte di ritorno a Cristo si collochi tutta l’attività di papa Francesco
Cosa vuol dire “non essere del mondo” per Gesù? Vuol dire operare, vivere nell’orizzonte dell’Amore trinitario, nel cammino di ritorno alla Casa del Padre; vuol dire rifiutare i successi, l’approvazione, le lusinghe del mondo, rifiutare un messianismo vincente, che ricostruisce materialmente il regno di Davide. Vuol dire accogliere tutti i nostri limiti, compresa la morte, perché morto con noi, noi possiamo risorgere con Lui. Vuol dire accettare la croce per solidarietà estrema con le nostre croci, con le croci di tutte le persone e del creato e trattare da “satana”, da divisore dell’uomo con l’uomo e con Dio, chi lo tentava di scegliere la via del messia vittorioso (vedi Pietro, Marco 8,31-33).
Noi “siamo del mondo”, la Chiesa “è del mondo”? Spesso lo siamo stati e lo siamo anche oggi, non tutta la Chiesa naturalmente. Pensiamo ai giochi di potere, ai gruppi di potere che si sono sempre opposti alle riforme stimolate dal Concilio e riproposte dai Papi post conciliari. Pensiamo ai forti contrasti che deve affrontare papa Francesco per far ritornare a Cristo la cristianità. Siamo chiamati a convertirci, ad essere “nel mondo ma non del mondo”.