Roma (Francesca Sabatinelli di Vatican News) – Violare il corpo delle donne è da sempre un’efficace e vigliacca arma di guerra. Per decenni, secoli e millenni, i conflitti sono stati caratterizzati anche dalla violenza su donne e bambine, povere innocenti sottoposte ad una brutalità inaudita. Lo stupro etnico, le gravidanze forzate, la schiavitù sessuale, la tratta e lo sfruttamento, sono un elenco di orrori atti ad umiliare le comunità, anche a causa della loro religione.
Il caso Pakistan
In Pakistan, ogni anno, centinaia di giovani, a causa della loro fede, che sia cristiana o indù, vengono rapite, violentate, obbligate a convertirsi all’islam e a sposare i loro carnefici. La vittima più conosciuta è la cristiana Asia Bibi, che ora vive in esilio in Canada, dopo una condanna a morte per blasfemia e 10 anni di carcere in Pakistan, Paese la cui situazione sarà esaminata dalla pakistana Tabassum Youssaf, avvocato specialista in casi di rapimento e di riduzione in schiavitù sessuale di donne e ragazze, nell’intervento al webinar di domani mattina, promosso dalla Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece) e da Aiuto alla Chiesa che Soffre “Targeting vulnerable religious communities through sexual violence and exploitation of women”, dedicato alla denuncia delle violenze e dello sfruttamento sessuale delle donne per colpire i gruppi religiosi più vulnerabili.
La piaga del terrorismo jihadista
Il terrorismo jihadista – spiegano gli organizzatori – ha spostato il centro delle sue operazioni nell’Africa sub-sahariana e indiana, e nelle regioni dell’Asia che confinano con l’equatore, senza per questo allentare la sua presenza in Medio Oriente. Il dominio e la conquista violenta di questa vasta striscia di terra da parte dell’estremismo jihadista – si legge ancora – ha una dimensione che colpisce le donne come gruppo esposto alla violenza sessuale.
“Sono veramente molto contenta che si parli, che si continui a parlare, dell’impatto dei conflitti armati nella violenza verso le donne, e sicuramente la tratta è una di queste gravi violazioni”, spiega suor Gabriella Bottani, missionaria comboniana, Coordinatrice internazionale di Talitha Kum, Rete Mondiale della Vita Consacrata contro la tratta di persone. La religiosa, nonostante la lunga esperienza, ancora oggi si interroga sulle ragioni del perché per colpire una comunità, un gruppo o un popolo, si faccia violenza sulle donne. Un interrogativo che ha portato la suora ad una riflessione: il corpo delle donne è considerato un oggetto attraverso il quale offendere l’uomo. Suor Bottani, quindi, denuncia “una cultura maschilista e patriarcale” che sta distruggendo le donne, così come gli stessi uomini. Fu Papa Francesco, era il 2015, a definire la tratta come una ferita “nel corpo dell’umanità contemporanea” decidendo l’istituzione della Giornata mondiale di preghiera contro la tratta degli esseri umani che cade ogni 8 febbraio.